Egregio
signor xxxxxxxxx,
riscontro il suo messaggio del 22 gennaio (e i precedenti)
anche a none
dell'on. Di Pietro.
Sono un semplice Professore Universitario (Ordinario
di Economia e Gestione delle Imprese) di 57 anni e mi dispiace dirLe
che non condivido l'approccio dato a questo problema. Vediamo perché:
1. Il fatto che la banca centrale emittente iscriva al passivo il debito rappresentato
dalla moneta emessa e all'attivo il credito di pari importo per il denaro che deve ricevere dallo Stato al
quale la moneta stampata è destinata, fa esattamente pareggiare il conto economico e quindi nessun
lucro particolare si manifesta a questo titolo a favore della banca centrale;
2. che lo Stato iscriva al passivo il
debito verso i risparmiatori che
hanno acquistato i titoli, che vengono girati alla banca
d'Italia in
cambio di moneta appare contabilmente corretto.
Nella vicenda "Signoraggio" ci
sono molti luoghi comuni errati e
sembra quasi che sulla vicenda ci sia qualcuno che semplicemente
cerca di
farsi della pubblicità gratuita.
Infatti,l'ignoranza
di taluni spinge a confondere la moneta intesa come
strumento di pagamento con l'oggetto (banconota, moneta)
che ha un
costo di produzione modesto. Le Banche centrali non vendono
un oggetto che
costa poco e viene venduto a tanto. Non si può neanche
dire che vendono
moneta. Di conseguenza non esiste alcun guadagno stratosferico
ipotizzato da taluni siti che fanno filosofia e non esiste
alcuna prova (in
questo caso prove consistenti in enormi somme di denaro
che qualche
traccia dovrebbero lasciare) che tali fantasiose tesi
abbiano un qualche
fondamento. Se poi qualcuno vuol credere a certe tesi
faccia pure. L'unico
guadagno pari alla differenza tra il valore nominale
ed il costo di
produzione si verifica quando la banconota (o la moneta)
viene conservata
per sempre dal detentore. Ad esempio quando andiamo all'estero
e ci
teniamo per ricordo in tasca monete e banconote. O se
lo facciamo per
collezionismo. O se vanno definitvamente distrutte.
Il discorso potrebbe essere vero se le banche centrali stampassero
moneta a loro piacimento, ma così non è poiché la quantità
di moneta in circolazione deve essere correlata alla ricchezza prodotta da Paese.
A mio avviso bisognerebbe smettere di usare il termine signoraggio, perchè il signoraggio
di qualche secolo fa era una cosa diversa e fare un parallelo è pericoloso, nel senso che si rischia
di pensare cose assai sbagliate. Bisognerebbe parlare di reddito da emissione
di moneta, perchè di questo si tratta. La banca centrale guadagna sulla differenza tra il
tasso che riceve tra il momento in cui stampa la moneta ed il momento in
cui incasserà i titoli che riceve dallo Stato, ma non dimentichiamo che
deve svolgere anche altri compiti: ad esempio spesso la moneta viene
emessa per ritirare monete diventate vecchie ed usurate, ecc.
Il signoraggio avrebbe invece
luogo se le banconote venissero stampate
ed emesse disancorate dalla ricchezza realmente prodotta
dal Paese. In
questo caso infatti ciò genererebbe inflazione,
che come è noto crea un
ingiusta tassa, poiché determina un prelievo fiscale
fittizio.
Non dimentichiamoci poi che sul reddito
prodotto anche la banca
centrale paga le imposte.
Altro discorso si potrebbe fare in ordine alla proprietà della Banca centrale: sarebbe certamente
più giusto, a mio parere, che le azioni della Banca fossero interamente di propietà dello
Stato.
Cordialmente
Prof. Antonio Borghesi
Componente Ufficio di Presidenza
Responsabile Nazionale Area Economica |