Doc. XXII, n. 36
RELAZIONE
Onorevoli Colleghi! - Ormai da alcuni anni si succedono con crescente frequenza servizi di stampa ed interrogazioni parlamentari in merito a gravissime e palesi illegalità compiute presso l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS).
I servizi giornalistici non hanno mai dato luogo a smentite o repliche mentre le interrogazioni indirizzate al Ministro del tesoro o non hanno ottenuto risposta o, quando questa c'era, consisteva nella pura e semplice negazione dell'evidenza. Al punto che si ha motivo di credere che lo stesso Ministero del tesoro sia pesantemente coinvolto nell'intera vicenda ed abbia pertanto interesse a nasconderla.
Ad esempio il Signor Roberto Tribuni - dipendente e consigliere di Amministrazione di detto Istituto - ha ripetutamente denunciato al Ministro del tesoro (vigilante sull'IPZS in base alla legge n. 559 del 1966), al Parlamento, agli organi di informazione ed alla stessa magistratura che:
a) non sono diventate oggetto di formali delibere le spese attinenti i principali acquisti di semilavorati necessari all'attività dell'istituto (carta, tondelli per monetazione, metalli preziosi). Neppure il programma annuale di attività è stato mai oggetto di regolari delibere;
b) i dirigenti del Poligrafico si autonominano amministratori e sindaci (controllandi e controllori) di oltre 30 consociate costituite od acquistate a prezzi gonfiati con danaro pubblico. Le attività di dette consociate sono sottratte a qualsiasi intervento dello stesso Consiglio di amministrazione dell'Istituto che riceve poche ed incontrollabili notizie dalla relazione allegata al bilancio, a cose ampiamente fatte. I compensi che i dirigenti (di solito con incarichi multipli) si assegnano per l'attività svolta nelle società controllate sono ignoti; ma dal bilancio 1995 di una di esse, la SIPLEDA , si evince che i 5 amministratori - 3 dei quali appartenenti all'Istituto - percepirono quell'anno circa 700 milioni lordi più altre consistenti cifre sotto varie voci.
Per di più nel complesso i risultati economici delle consociate sono sempre stati disastrosi, tanto è vero che se il bilancio dell'IPZS per il 1995 si chiuse con un utile di 5 miliardi, il consolidato dello stesso anno evidenziava una perdita superiore ai 14 miliardi. Forti dubbi di falso in bilancio sorgono anche laddove le consociate realizzano utili: si nota infatti che esse hanno debiti per decine di miliardi ciascuna e crediti di analoga misura, ma si vorrebbe essere ben certi della loro reale esigibilità, anche perché è di modesta entità il fondo rischi e crediti destinato alla loro copertura.
È lecito il timore che il tutto possa concludersi con un crack finanziario di rilevanti dimensioni. Quel che è certo è che i debiti del «gruppo» ammontavano a fine 1995 ad oltre 1600 miliardi.
Se dalla questione di metodo si passa a quella di merito di assiste ad una sequela pressoché infinita di fatti gravissimi;
1) nel marzo 1991 il Poligrafico acquisì l'80 per cento di due società, l'«Edi Italia» e l'«Edi Italia film»; particolarmente evidente il caso di quest'ultima che venne valutata 2 miliardi benché i suoi bilanci negli anni precedenti l'acquisto evidenzino un capitale sociale di 20 milioni, nessun dipendente o strumento tecnico e un «conto fornitori» che tutti gli anni era di lire 177.000, non una di più non una di meno;
2) del bilancio della «Cartiere MILIANI» per il 1992 esistono due diverse redazioni: l'una che riporta un utile «a pareggio» ed un netto patrimoniale di 81 miliardi e l'altra una perdita di 18 miliardi e patrimonio netto inferiore ai 63;
3) nel 1994 la stessa MILIANI produsse un utile di 1,2 miliardi, ma esso fu frutto di un'operazione a dir poco singolare e cioè la cessione da parte di quella di una controllata (la FAD) ad un'altra controllata (la CARGEST) con un plusvalenza di 22,4 miliardi! Quel che la MILIANI guadagnò, la CARGEST non perse perché è abitudine degli amministratori dell'Istituto e delle consociate riportare in bilancio le partecipazioni al «costo storico», senza praticamente mai effettuare svalutazioni;
4) la «Iniziative Fabriano» perse in 2 anni circa 18 miliardi ed al 31 dicembre 1994 aveva un netto patrimoniale inferiore ad 1,8 miliardi; ciò nonostante essa veniva riportata nei bilanci della controllante MILIANI ad un valore di 27,3 miliardi;
5) il fatto che la quasi totalità dei dirigenti IPZS siano anche amministratori delle consociate dà luogo a situazioni paradossali quali quella del direttore della sezione Zecca, l'ingegner Nicola Ielpo, il quale è anche amministratore delegato della VERRES che produce i tondelli con cui la stessa Zecca conia le monete.
Egli però è anche Presidente della CONIAL che, dopo averli acquistati in Russia vende alla VERRES i laminati occorrenti alla produzione dei tondelli. Pertanto un'unica persona controlla - senza a sua volta subire controlli reali - tutto il ciclo della monetazione. Inoltre la CONIAL costituisce un caso particolare poiché - grazie ad espedienti vari - è sempre stata controllata a maggioranza da una società privata, la SAT di Catania, anch'essa produttrice di tondelli per monetazione. Un evidente caso di «conflitto di interesse». La stessa CONIAL controlla a sua volta due società costituite in Russia, la MICOMET e la ZAO INTERCONIAL di cui nulla è dato sapere salvo che la prima, a tre anni dalla nascita, è ancora inattiva;
6) nel dicembre 1992 il Poligrafico diede vita alle Edizioni distribuzioni integrate (EDI) che nel giro di pochi mesi concluse con le FFSS un accordo - mai portato a conoscenza del consiglio di amministrazione dell'Istituto - in base al quale essa avrebbe ottenuto dalle stesse l'appalto in esclusiva per la vendita di biglietti per il trasporto regionale. Di fatto la EDI acquisì solo 5 contratti regionali e, dopo aver chiuso sempre in rosso i propri bilanci, venne liquidata ai primi del 1996. Nel bilancio 1995 dell'IPZS si trova in particolare scritto che dei 2 miliardi persi dalla società nello stesso anno, 900 milioni erano dovuti alla perdita di un prestito concesso alla SO.GE.TUR. (poi fallita) i cui titolari erano stati arrestati per ordine della procura di Firenze alla fine del 1993. Si vorrebbe sapere se è abitudine del Poligrafico concedere prestiti senza garanzie.
Si vorrebbe anche sapere come le FFSS (gestione Necci) abbiano potuto concludere un così vasto accordo con una società che non ha mai avuto più di 6 dipendenti. Inoltre il grosso del capitale sociale della EDI è finito in altre due società - la Metro distribuzioni e la Metro Gestec - che non sono mai divenute operative e non hanno mai avuto dipendenti;
7) una delle consociate della IPZS - la SIPLEDA - è balzata agli onori della cronaca nera per via di una rapina subìta ad inizio anno con un bottino di svariati miliardi. Risulta ai proponenti che già nell'autunno 1995 la stessa SIPLEDA subì un furto, anch'esso dell'entità di alcuni miliardi, in un magazzino sito a Fiano Romano, nei pressi della capitale. Ma il bilancio 1995 della società non reca traccia del fatto, c'è invece ben più di una traccia di una situazione finanziaria assai difficile, con debiti e crediti (sulla cui reale esigibilità, di nuovo, nulla è dato sapere) per decine di miliardi, cosa che fa sorgere seri dubbi laddove la SIPLEDA dichiara fatturato ed utili in costante ascesa.
D'altronde gli stessi seri dubbi sul bilancio preparato dagli amministratori per il 1994 erano stati espressi dai tre sindaci, due dei quali erano dirigenti del Poligrafico: il Dottor Staunovo Polacco (direttore amministrativo) ed il Dottor Casubolo (direttore del personale).
Infatti il collegio dei sindaci così si esprimeva: «il collegio sindacale... per altro ritiene doveroso richiamare l'attenzione dei signori azionisti sulla rischiosità di siffatte destinazioni di spesa, in quanto suscettibili di creare distorsione dei risultati di esercizio»; e più avanti «nel corso delle verifiche operate durante l'esercizio il collegio ha affrontato nuovamente le problematiche inerenti la contabilità di magazzino e la sua corrispondenza alle giacenze di fatto, nonché la gestione finanziaria della società, ponendo specifica attenzione ai possibili rischi su crediti». In effetti a fronte di crediti per oltre 40 miliardi il bilancio della società riporta un fondo rischi di soli 420 milioni.
Inoltre la SIPLEDA ha preannunciato un utile 1996 di circa 4 miliardi; essa vende per lo più opere d'arte (medaglie, sculture eccetera) prodotte dalla Zecca la quale, almeno fino al 1995, ha registrato nel suo conto settoriale utili di poco superiori al miliardo. Poiché non esistono regolari delibere da parte del consiglio di amministrazione dell'Istituto per la cessione di prodotti alla SIPLEDA, si ha motivo di pensare che questa paghi prezzi minimi alla Zecca.
La SIPLEDA, si fa pubblicità con il marchio «Istituto poligrafico e Zecca dello Stato» senza pagarlo. In altre parole alla Zecca va il lavoro ed alla SIPLEDA vanno i soldi che poi vengono ripartiti fra gli amministratori che forse si pagano anche a percentuale sugli utili!
Altra operazione misteriosa compiuta dalla SIPLEDA è che essa vende la famosa «medaglia del 2000» che inizialmente era stata commissionata all'IPZS dalla SEI, una società privata. Ma quando il consigliere Tribuni chiese di sapere quanto la SIPLEDA avesse pagato alla S.E.I. per il riacquisto della medaglia gli venne negata ogni informazione.
Oltre che lavori per lo Stato italiano il Poligrafico esegue produzioni per committenti privati ed esteri. Solo per parlare di questi ultimi e della sezione zecca si segnalano due operazioni sulle quali sarebbe opportuno avere ragguagli precisi:
a) ai primi del 1992 l'Istituto siglò un contratto per l'importo di centinaia di miliardi con la Repubblica Ucraina cui avrebbe dovuto fornire impianti industriali (cartiera, stamperia di banconote, fabbrica di inchiostri di sicurezza, presse monetarie) ed 1.400.000.000 (un miliardoquattrocento milioni) di monetine, i «copechi». La commessa non fu neppure oggetto di una regolare delibera ma di semplici «comunicazioni del Presidente».
Della fornitura degli impianti non si sa quasi niente anche se nel dicembre 1993 il consigliere Tribuni pose specifica domanda senza avere risposta. Invece dalla risposta fornita dall'allora Sottosegretario agli Esteri Giacovazzo ad una interpellanza dell'onorevole Scalia si sa che a fine 1992 gli ucraini avevano disdetto la commessa quando la Zecca aveva già prodotto metà dei «copechi» e probabilmente l'Istituto si era impegnato per i macchinari senza che il Governo italiano avesse ancora concordato con lo Stato ex-sovietico la linea di credito e senza, pertanto, che la commessa fosse assistita dalla SACE; invece alla fine del 1994 il Ministro del tesoro Dini rispondeva ad altra interrogazione sull'argomento asserendo un'evidente falsità e cioè che fin dall'inizio la commessa era assistita da tutte le garanzie finanziarie ed assicurative.
Invece esse entrarono in vigore solo nell'ottobre 1993. Inoltre secondo i calcoli del consigliere Tribuni la fornitura di «copechi» avvenne con la perdita di diversi miliardi. Esiste però il sospetto che il poligrafico fatturi allo Stato italiano prezzi dei semilavorati (quali la carta ed i tondelli) a prezzi fortemente superiori a quanto fa con i committenti esteri e privati. La vicenda è resa ancor più ingarbugliata dal fatto che intermediario fra il Poligrafico ed il Governo Ucraino sarebbe stata la VITALI European Group di Torino che in seguito venne estromessa dall'affare senza alcun pagamento di provvigione;
b) nell'estate del 1996 la Zecca iniziò a coniare centomila serie di sei monete commemorative per Taiwan. Ci si servì di tondelli di pessima qualità, forniti dalla consociata Verres la quale a sua volta lamentava la pessima qualità dei laminati fornitile dalla CONIAL. Dopo mesi di tentativi destinati al fallimento e spese enormi la commessa è stata girata ad una società svizzera di cui nulla è dato sapere.
Quanto esposto è già sufficientemente grave ma ciò che maggiormente colpisce in tutta la vicenda è il «muro di gomma» incontrato dal consigliere Tribuni ogni qualvolta si rivolgeva a quelle Istituzioni appositamente deputate al controllo.
Già il 25 gennaio 1994 egli ebbe un lungo colloquio con il capo di gabinetto dell'allora Ministro del tesoro Barucci e fece presente le prime irregolarità riscontrate. Ne nacque la cosiddetta «commissione Avizzano», dal nome dell'allora Provveditore generale dello Stato che per legge assiste con funzioni di controllo (per il Provveditorato passano la gran parte delle commesse pubbliche dell'Istituto) alle riunioni del Consiglio di amministrazione dell'IPZS.
Della commissione Avizzano facevano parte altri 4 dirigenti dello stesso Provveditorato fra cui il dottor Agnus Dei ed il vice provveditore Valentini (revisore dei conti dell'Istituto) che pure assistono alle riunioni del consiglio.
Nessuno dei tre funzionari aveva mai sollevato obiezioni a quanto avveniva nel Poligrafico. E dunque, qualora le loro indagini avessero evidenziato irregolarità nella conduzione dell'Istituto delle consociate, avrebbero con ciò stesso dovuto ammettere la loro precedente superficialità. Inoltre il dottor Valentini faceva parte dei consigli di amministrazione di due consociate, la MILIANI e la BIMOSPA, dunque indagava anche su se stesso.
I risultati dei lavori della commissione furono infatti quelli che ci si poteva attendere: il 10 dicembre 1994 il provveditore Avizzano relazionò sui lavori della commissione al consiglio dell'Istituto asserendo - «sulla base dei documenti forniti dall'Istituto» - che tutto si era svolto nella più completa regolarità. Tanto per dare un'idea di quanto grottesche furono queste affermazioni, laddove il consigliere Tribuni chiedeva conto del fatto che non ci fossero delibere per la vendita alla SIPLEDA di prodotti artistici della Zecca, il dottor Avizzano si limitava a parlare della SIPLEDA stessa senza nulla dire dell'assenza delle delibere.
Terminata la relazione del dottor Avizzano, prendeva la parola il magistrato della Corte dei conti delegato al controllo, consigliere Pallottino, il quale sollecitava una denuncia per calunnia nei confronti del consigliere Tribuni!
Altre indagini vennero condotte da un ufficio della Ragioneria generale dello Stato, con identici risultati. Ma giova ricordare che a capo della stessa Ragioneria era stato in precedenza l'attuale presidente del Poligrafico dottor Giovanni Ruggeri.
Nella primavera del 1994 il consigliere Tribuni presentò un esposto-denuncia alla procura di Roma che venne affidato al sostituto procuratore Cesare Martellino [un cui cugino - stando a quanto risulta ai proponenti - sarebbe stato dipendente del Poligrafico presso il Ministero di grazia e giustizia («Gazzetta Ufficiale»)].
Il dottor Martellino affidò le indagini preliminari al comando dei carabinieri di Via In Selci; ne nacque una relazione di due mezze pagine controfirmata dal maggiore Francesco D'Agostino (il cui nome è emerso in relazione alle vicende giudiziarie relative a Pacini Battaglia) che riassumeva, superficialmente e solo in parte le tesi del Poligrafico. Pertanto, senza neppure ascoltare il denunciante che pure aveva presentato richiesta in tal senso, il dottor Martellino chiese l'archiviazione del fascicolo.
Questo passò al GIP Augusta Iannini [moglie di Bruno Vespa, n.d.A.] cui il Tribuni fornì ulteriore materiale documentario e chiese di essere ascoltato, cosa che naturalmente non avvenne mai. Infine la dottoressa Iannini decretò la definitiva archiviazione dell'esposto.
Invece deposizioni rese dal consigliere Tribuni al pubblico ministero Vinci produssero nell'autunno 1995 19 «avvisi di garanzia ad amministratori e dirigenti del Poligrafico per la già citata vicenda dell'acquisto di EDITALI ed EDITALIA FILM». In seguito però le indagini non hanno più prodotto risultati visibili.
Si segnala che nell'Istituto ed in diverse sue consociate lavora l'avvocato Sergio Torri, figlio del procuratore aggiunto di Roma nonché capo del pool per i reati finanziari e tributari della stessa procura. [nel 1993 il padre, Ettore Torri, ebbe a dire al Prof. Giacinto Auriti in occasione della denuncia del Professore contro Bankitalia e Ciampi: "Professor Auriti, lei ha dimostrato l'elemento materiale del reato. Manca il dolo perché… è stato sempre così" - vedi Quel gran genio di Rothschild - n.d.A.]
Per altro il consigliere Tribuni non mancò di inviare lettere e documenti al Ministro del tesoro Dini senza ottenere però alcuna risposta. Frattanto il consiglio di amministrazione di cui egli faceva parte si riuniva sempre più saltuariamente ed esso (che sarebbe dovuto scadere nel luglio 1997) tenne un'ultima seduta il 28 luglio 1995. L'entrata in vigore della legge n. 437 autorizzava il Ministro del tesoro a mutare la composizione e le attribuzioni del consiglio di amministrazione dell'IPZS, ma il 7 febbraio 1996 il Ministro del tesoro ad interim Dini emanò un decreto (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 1996) che interveniva sulla sola composizione del consiglio, rinviando alle calende greche la questione delle attribuzioni «per motivi di uniformità, razionalità e completezza» (?!).
Risulta invece che il decreto originariamente voleva intervenire anche sulla questione delle attribuzioni che sia il Tesoro che il Consiglio di Stato ritenevano prioritaria rispetto a quella della composizione.
Il 25 marzo successivo il Ministro del tesoro ad interim Dini emanava altro decreto che nominava un nuovo consiglio di amministrazione del Poligrafico «dimenticando» però di revocare quello precedente. Il tutto si concludeva con l'esclusione, fra gli altri, del consigliere Tribuni e la conferma di alcuni personaggi - fra cui il presidente Ruggeri - che avevano ricevuto «gli avvisi di garanzia» per la vicenda EDITALIA - EDITALIA FILM! Una storia estremamente sospetta.
Si sottolinea inoltre che per circa 9 mesi il consiglio di amministrazione dell'Istituto non è stato convocato benché la legge obbligasse il Presidente a farlo almeno una volta ogni tre mesi.
Infine, negli ultimi giorni di vita del proprio Governo, il Ministro Dini, nella qualità di Ministro del tesoro ad interim faceva un ultimo piacere ai vertici dell'Istituto, regalando a questo sessanta miliardi destinati alle disastrate cartiere MILIANI, con il decreto n. 232 del 29 aprile.
Ma il signor Tribuni non si faceva scoraggiare e faceva ricorso al TAR per la sua esclusione dal Consiglio, ed appena entrato in carica il Governo Prodi contattava il Sottosegretario al Tesoro, onorevole Pennacchi, cui forniva un voluminoso e dettagliato dossier sulle vicende dell'Istituto e delle sue consociate. Ma anche in questo caso la risposta era tutt'altro che positiva: infatti, a parte uno scontro personale verificatosi in un locale della Camera dei deputati l'8 novembre 1996, l'onorevole Pennacchi rispondeva a due interrogazioni parlamentari dell'onorevole Taradash affermando che nell'Istituto tutto procedeva in perfetto ordine e che - tanto per esemplificare - nulla c'era da eccepire sulla presenza di dipendenti dell'Istituto nelle consociate e che le denunce del signor Tribuni si erano rivelate inconsistenti.
Un atteggiamento quello del Sottosegretario semplicemente strabiliante e che autorizza i peggiori sospetti! Nel frattempo, però, il Tesoro aveva incaricato la VITALE e BORGHESI di Milano di fungere da «advisor» del Poligrafico andando a guardare bene nei suoi bilanci che peraltro erano sempre stati firmati dai successivi Ministri del tesoro. Riteniamo che la relazione redatta dalla VITALE e BORGHESI debba essere resa di pubblico dominio al più presto; sarebbe infatti già stata consegnata al Ministro del tesoro.
Frattanto sulla stampa si moltiplicano i servizi giornalistici che asseriscono essere l'Istituto sull'orlo del baratro finanziario. Le numerose irregolarità poste in essere al Poligrafico e le evidenti attività di controllo da parte del Ministero del tesoro suscitano ancora maggiore allarme per via del fatto che l'IPZS stampa per lo Stato Italiano CCT di cui circolano quantitativi falsi ma assai bene imitati per decine di migliaia di miliardi di lire.
L'Istituto possiede e produce tutto ciò che è necessario per falsificare banconote e titoli di credito sia nazionali che esteri; una sua consociata, la SICMA di Terni, costruisce macchine per stampa di banconote che vengono esportate nelle Repubbliche nate dalla dissoluzione dell'URSS e nelle quali, come è noto, prosperano grandi organizzazioni criminali.
Come socio di minoranza (non si sa a quale titolo) della SICMA troviamo nuovamente la SAT di Catania. Si tratta di labili indizi ma chiunque capisce che certe attività non possono essere affidate a dirigenti pubblici che hanno ampiamente dimostrato un totale disprezzo della legalità e a personaggi privati che non si sa chi veramente siano; il tutto sottoposto a controlli che è eufemistico definire superficiali.
Quindi, concludendo, la necessità di una Commissione parlamentare di inchiesta nasce dall'esigenza di coinvolgere il Parlamento in una vicenda che pone seri e preoccupanti dubbi, mettendo in discussione la credibilità delle Istituzioni. Il Parlamento ha il dovere di fare luce sui fatti e fornire un giudizio equilibrato ed imparziale, soprattutto tenuto conto che il Governo, anche sollecitato, non ha voluto indagare e non è intervenuto per appurare la verità dei fatti. |