Putin in pericolo: paga i debiti.
di Maurizio Blondet
Mosca ha versato 15 miliardi di
dollari al Club di Parigi (una dozzina di paesi-creditori occidentali, fra cui
l'Italia), chiudendo "in anticipo" il debito russo con
i creditori.
Il debito, originariamente di 43
miliardi di dollari, era stato contratto dall'allegro precedente governo
Eltsin.
L'aumento insperato del prezzo
del greggio ha consentito a Putin di saldare in anticipo la rimanenza.
Così ha risparmiato (in interessi
che non dovrà pagare) 400 milioni di dollari nel 2005, che saliranno a 800 nel
2006.
Ma soprattutto ha sfidato il
sistema finanziario globale, che si basa sull'indebitamento sine die dei
Paesi soggetti, per poterli meglio controllare (anzitutto risucchiandone le
materie prime a prezzi stracciati).
Non è la prima volta: mesi fa
Putin ha chiuso in anticipo le pendenze russe col Fondo Monetario, annunciando
di non voler accettare nuovi disinteressati prestiti, che il FMI (il "pignoratore"
globale dei Paesi poveri) era prontissimo ad offrirgli.
E, contrariamente al losco regime
cinese, non "investe" i suoi petrodollari in Buoni del Tesoro
americani.
Insomma non finanzia il suo
potenziale nemico.
Con ciò, Putin si pone consapevolmente
nel mirino dei poteri forti mondiali.
"Un popolo che non
s'indebita fa rabbia agli usurai", ripeteva Ezra Pound.
Il più noto dei telepredicatori "cristiani",
e il più impegnato nella crociata neocon contro l'Islam, Pat Robertson, ha
espresso il desiderio – in un pubblico appello – che qualcuno (CIA? Mossad?
Pentagono?) "faccia fuori" il presidente venezuelano Hugo
Chavez: un altro che approfitta dei rincari del greggio (che il Venezuela
produce) per svincolarsi dalla sudditanza politica degli usurai.
Il "mirino dei poteri
forti globali" non è, come si vede, una metafora.
E' una concreta "realtà
evangelica".
Coloro che si adeguando ed
arruolano i loro popoli alla Crociata neocon ricevono invece concreti vantaggi.
Per esempio: Tony Blair, quando
lascerà la sua carica di capo del governo britannico, ha già un'offerta di
lavoro.
Come consulente della Carlyle, la
società finanziaria di Bush e dei Bin Laden (con investimenti nel mondo per 30
miliardi di dollari) in cui già sono impiegati vari ex capi di Stato e ministri
occidentali, dall'ex premier inglese John Major a Frank Carlucci, ex ministro
della Difesa di Reagan.
Con un salario di mezzo milione
di sterline annuali, per qualche giorno di lavoro al mese a facilitare
"contatti" con potenti del business e della politica.
Ciò consentirà a Blair di pagare
il suo personale e privatissimo debito, che lo sta mettendo in difficoltà: s'è
infatti comprato a credito una magione da 3 milioni di dollari, pari a 17 volte
il suo emolumento annuo da premier, di cui sta pagando il mutuo con fatica.
Un premier che s'indebita piace
agli usurai.
Per la solerzia di Putin, invece,
sono solo critiche. L'alta finanza anglo-americana
nota che Putin avrebbe fatto meglio a impiegare l'insperato introito
petrolifero russo per alleviare le condizioni di vita delle masse
ex-sovietiche. Ma gli esperti del capo del
governo russo replicano: l'iniezione di denaro petrolifero nell'economia russa
avrebbe il solo esito di provocare spinte inflazionistiche, che ridurrebbero il
potere d'acquisto delle pensioni, e farebbero male ai veri poveri, che sono i
pensionati, e i salariati statali.
Se ha ragione Putin, questa è una
indiretta buona notizia per noi: evidentemente gli economisti del Cremlino si
comportano come se il rincaro del greggio fosse un episodio temporaneo.
fonte:
http://effedieffe.com/fdf/giornale/interventi.php?id=591¶metro=
26 agosto 2005