Povero
popolo (di MXW)
Tu credi ancóra nel popolo
e nell'etica pur essendo circondato da "furbetti della porta
accanto", di cui i "furbetti del quartierino" sono
solo l'iperspecializzazione? Io ho smesso da un pezzo di credere nel
popolo (italiano, ma si suol dire che tutto il mondo è paese)
e nella sua etica, e mi stupisce che tu, vivendo a Roma e dintorni
dove tutto è amplificato, non abbia maturato il medesimo
disincanto.
Facciamo schifo. Uso la prima persona plurale - pur
ritenendomi nella parte, ahimè assai minoritaria, sana -
perché non sono
di quelli che dicono "Abbiamo vinto" ed "Hanno
perso".
Sbandieriamo un enorme bisogno di legalità, ma di fronte alla
prospettiva di risparmiare un pugno di euro non ci facciamo scrupolo
d'incentivare, e di fatto legittimare, l'illegalità comprando
un motorino oppure un'autoradio palesemente ricettàti.
Invochiamo la trasparenza come una panacea, ma di fronte alla prospettiva
di risparmiare l'IVA non esitiamo a seppellirla pagando prodotti,
prestazioni e servizî senza fattura, salvo poi magari sbattere
la testa nel muro se scopriamo che avremmo potuto legittimamente detrarre
più di quel 20% o giù di lì.
Ci facciamo paladini della lealtà, ma di fronte alla prospettiva
di lucrare agevolazioni o benefìci che non ci spettano non
indugiamo un istante ad affossarla autocertificando l'inesistente.
Con il pesantissimo effetto collaterale d'intasare i Tribunali con
decine di migliaia di querele di falso; e non si arriva alle centinaia
di migliaia solo perché scarseggia il personale per i controlli.
Plaudiamo al rigore, ma di fronte a scadenze e forme certe - per
adempimenti burocratici e/o contabili - troviamo normale il minarlo
trincerandoci dietro cavilli d'ogni genere al solo scopo di tirare
in lungo il contenzioso fino al prossimo condono.
Pretendiamo che lo Stato faccia la sua parte nel regolare la nostra
società, ed è una pretesa giusta, ma facciamo a gara
nel sottrargli le risorse necessarie evadendo, eludendo ed erodendo
le tasse dovunque è possibile. Non contenti, consideriamo un
minus habens chi paga fino all'ultimo centesimo quando potrebbe farne
a meno (il sottoscritto prese, in maniera forbita, del coglione IN
UN UFFICIO TRIBUTARIO perché dichiarava, allora come oggi,
i proventi delle piccole collaborazioni con i giornali svizzeri, che
nella confinante Confederazione sono esentasse perché la
ritenuta d'acconto si applica solo al di sopra di una certa cifra).
Ci ergiamo a paladini della solidarietà, ma nel concreto pensiamo
di cavarcela costruendo ghetti che ci alleggeriscano la coscienza:
la giornata del disabile, dell'anziano, del minore, della donna, dell'ammalato… e
per i restanti 364 giorni che vadano tutti a dar via il culo e
non rompano le balle.
Predichiamo bene il reinserimento di chi ha sbagliato, ma razzoliamo
molto male: critiche (sacrosante) a non finire sugli USA per l'esecuzione
del redento Tookie Williams, mentre nei nostri paesi e nelle nostre
città migliaia di piccoli Tookies, anni ed anni dopo aver espiato
il loro debito con la società, scontano una condanna a morte
quotidiana venendo additàti come "quello che tot anni
fa ha rubato un televisore", "quella che da giovane ha fatto
la vita" e via sentenziando, con un'acrimonia che, se riversata
nei nostri confronti, ci manderebbe in bestia.
I credenti si professano buoni cristiani, ma l'unico passo dei
Vangeli che si ritrova nel loro agire è la parabola della pagliuzza
e della trave: quelli cristiani sono valori assoluti, chi sbaglia
va capìto ma condannato… salvo poi scoprire che il vero
patrono d'Italia è San Cornelio, al punto che alla prova del
DNA non si ricorre quasi più (ci hai fatto caso?) perché troppo
spesso i riscontri erano, come dire?, imbarazzanti al di là dello
scopo dell'accertamento giudiziario.
A parole condanniamo la cultura del sospetto e del vittimismo,
così ben
incarnata dal premier, da certi altri l(e)ader politici e da dirigenti
e tifosi delle società sportive, ma nei fatti siamo adepti
convinti della famosissima e pericolosissima setta di Dietrology.
Ci dichiariamo combattenti contro l'ipocrisia, ma ci prostriamo
a quella somma ipocrisia che è il "politically correct",
rendendolo addirittura più farsesco ed insopportabile che negli
Stati Uniti dove ha avuto origine, come se il cambiare denominazione
a persone, fatti e cose sia un modo efficace di ridurre il peso dei
relativi problemi: solo in Italia si poteva arrivare a definire "diversamente
abili" nojaltri handicappàti (lo sono anch'io in quanto
invalido, sia pure "solo" al 42%, per traumi sportivi e
per la mia ulcera intestinale), "sordi preverbiali" i sordomuti, "operatori
ecologici" gli spazzini, "esecutori del sesso" le prostitute
d'ogni tipo e genere e, ai tempi della prima Tangentopoli, "socialisti" i
truffatori…
Siamo in democrazia e dunque la maggioranza impegna anche la minoranza,
quindi il popolo italiano è così anche se una ristretta
minoranza (di cui mi vanto di far parte) non ha queste colpe. Tu credi
ancóra in un popolo così e nella sua etica? Io non
ce la faccio: a me questo popolo, il nostro popolo, ha inesorabilmente,
assolutamente, irreparabilmente rotto i coglioni e la sua etica
antisociale, furbesca e doppiopesista suscita solo un intenso,
profondo, irrefrenabile disgusto.
"Credere nel popolo e nell'etica"? In Italia no, grazie.
Non in quest'Italia di furboni e furbetti la cui furberia è inferiore
solo al loro ego: tutti maestroni, ma è bastata una Wanna Marchi
con contorno di figlia, convivente e "maestro di vita" per
inculare a sangue mezza nazione…
Le caratteristiche del nostro popolo, per inciso,
suonano a parziale discarico dei nostri amministratori, politici
ed economici: la classe politica e l'establishment economico sono
in linea di principio espressioni della società in cui operano.
In soldoni: la botte dà il
vino che ha, ed ha poco senso il tuonare contro la diffusione di
corruzione e malcostumi quando chiunque può, dall'alto dirigente
fino al bottegaio e pure al privato cittadino, si reiventa alla
luce dei princìpi
del market(t)ing e del man(n)ag(g)ement, trattando etica (laica)
e morale (religiosa) alla stregua di zavorre buone solo per gli
altri.
A questo punto è fatale il "credere nelle istituzioni
e nella matematica". Le istituzioni risalgono a gente di spessore
ben superiore a quello di nojaltri, e qualsiasi malgestione, ancorché duratura,
può minarle, ma non snaturarle; in questo sforzo il premier
ed alcuni suoi alleàti stanno dando il peggio di sé,
ma per fortuna i meccanismi d'autotutela non mancano e le istituzioni
sopravvivranno a questi invasori con meno traumi di quanto temiamo.
La matematica, poi, almeno quella, è incontrovertibile; ne
abbiamo avuto le ennesime riprove nel vedere quanto è stato
facile, a Bruxelles, far tremontare… ops, tramontare tutti
i disegni della sedicente "finanza creativa", alias "finanza
cre(a)tina".
Tutti
furbetti, tutti maestroni… salvo poi non saper vedere
al di là del proprio naso e fare perciò la
fine di quello delle vecchie cinquanta lire, che rivive nel
Tafazzi di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ti ricordi, diversi
anni fa, quando sulle linee ferroviarie locali chiusero parecchie
biglietterie e ridussero all’osso i controllori, in
contemporanea con l’introduzione delle obliteratrici
e dell’obbligo di timbrarci i biglietti prima di salire
sui treni? Non ci voleva Einstein per intuire che, in quell’ottica
di risparmio, un drastico calo della vendita di titoli di
viaggio avrebbe messo a rischio le linee, perché i
calcoli dei passeggeri si fanno su biglietti ed abbonamenti,
ma anche quella volta ci facemmo riconoscere come italiani;
no, mi sbaglio: quella volta, più che italiani, sembrammo
portoghesi: quanti, un giorno dietro l’altro, in treno
senza biglietto, quante risatine di scherno e quanti gesti
dell’ombrello rivolti alle allora Ferrovie dello Stato
per le mille, duemila, tremila lire risparmiate… salvo
poi scagliarsi contro le FS dopo l’annuncio che un
sacco, ma davvero un sacco di linee locali erano diventate “rami
secchi” e rischiavano drastiche riduzioni del servizio
o addirittura la soppressione (rischi scongiuràti
in pochi casi).
E bisognerebbe credere in un un popolo di
questa levatura? E quest’etica suicida sarebbe quella
cui affidarsi? A me non pare proprio, a te – adesso,
ripensando a tutte queste situazioni – spero nemmeno…
A
questa stregua, se proprio dobbiamo ispirarci ad un popolo,
tanto vale prendere esempio da quello svizzero. Non è messo
granché bene, dato che la confinante Confederazione
non è una vera democrazia – i referendum senza
quorum la rendono di fatto una dittatura delle minoranze – ed
il culto del segreto bancario non è esattamente un
incentivo all’onestà (se già non l’hai
letto non perderti l’immortale capolavoro “La
Svizzera lava più bianco” di Jean Ziegler, quello
de “La privatizzazione del mondo”), ma la gente,
quella normale e non di origine nostrana, non cede alle tentazioni
del furbismo. Ne abbiamo un riscontro diretto: in terra elvetica
la chiusura di parecchie biglietterie e la riduzione all’osso
dei controllori lungo le linee ferroviarie locali furono
più o meno contemporanee che da noi ed altrettanto
l’introduzione delle obliteratrici, ma da loro le linee
secondarie sono tutte o quasi salve ed in generale il settore è stato
potenziato. La differenza? Sono svizzeri, non italiani e
nemmeno portoghesi: la possibilità di passarla liscia è enorme,
ma il biglietto si fa e si paga, per principio. L’importanza
di non essere furbetti!
Lotta dura
contro il furbismo, dunque, e poi potremo ricominciare a credere
nel nostro popolo. Non illudiamoci, però: impostiamo
noi la lotta, ma la porteranno avanti i nostri figli e la vinceranno,
se va bene, i nostri nipoti.
20/01/2006 - MXW
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