La questione monetaria di Lino Rossi |
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LA QUESTIONE MONETARIA
1 – Messa al passivo delle “banconote in
circolazione”
Estratto
dal bilancio presentato dal governatore Mario Draghi il 31 maggio 2006.
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ricec/relann;internal&action=_framecontent.action&Target=_top
È la Banca d’Italia stessa che nella definizione delle “BANCONOTE IN
CIRCOLAZIONE” ci racconta che esse sono REDDITO.1)
Nel
momento in cui si pongono nelle passività i suddetti “redditi” succede che gli
stessi vengono sottratti al CONTO ECONOMICO, così come definito dall’art. 2425
del C.C.. Significa due cose:
1)
il reddito così trattato
non viene sottoposto a nessun tipo di imposizione fiscale, né a nessun tipo di
rientro nelle casse dello Stato;
2)
lo stesso viene fatto
sparire dalla contabilità per prendere la misteriosa via del “NERO”.
Il
mondo accademico prova a correre in soccorso a bankitalia spiegando meglio la
faccenda. Dal libro universitario di economia aziendale (Produzione e Mercato -
A. Birolo G. Tattara - Ed. Il Mulino - 1991 - ISBN 88-15-02961-3): "Si osservi che il biglietto di banca
rappresenta un debito della
banca centrale nei confronti di chi lo possiede. Quando un biglietto torna alla
banca centrale, il debito che esso rappresenta è automaticamente estinto; l'eliminazione
del debito comporta dunque la distruzione
della moneta".
Quindi
è tutto chiaro!? Bankitalia si è sbagliata a definire le “banconote in
circolazione” come “reddito” perché in realtà è un debito e quindi fa benissimo
a mettere quelle somme nelle passività. La banconota che torna alla banca
centrale viene distrutta.
Vengono
spontanee alcune domande:
a)
da quando in qua un
soggetto percepisce gli interessi di un debito da esso stesso contratto?
b)
quando un debito non
viene richiesto da nessuno è ancora tale? Nessuno infatti ha titolo per andare
alla Banca d’Italia ad esigere la restituzione di quel “debito”!
c)
da quando in qua un
debitore “distrugge” il credito altrui? Quelle banconote sono della
collettività e servono per scambiare i beni che la collettività stessa produce.
Ciò verrà spiegato in seguito.
Il
mondo accademico in questo caso ha sicuramente svolto l’ingrato compito di
“Avvocato delle cause perse”.
Vediamo
di quali cifre stiamo parlando. Dai bilanci ufficiali presenti sul sito della
nostra banca centrale troviamo:
Si
tratta quindi di circa il triplo della manovra finanziaria in esame questi
giorni. Sottolineo la misteriosa forte contrazione degli anni 2001 e 2002. Si
comprenderà meglio in seguito l’assurdità di questa stranezza.
Quando
troviamo:
-
nella seconda edizione
di “Euroschiavi” di Marco Della Luna ed Antonio Miclavez, arianna editore –
-
sul web - http://spazioinwind.libero.it/cobas/finanzaloro/bancaditalia.htm - La Banca d'Italia nel 1994, tramite
l'Ufficio italiano cambi (Uic), è entrata - con 100 miliardi di dollari - in
una società controllata dall'Hedge Fund Ltcm e costituita nel paradiso fiscale
delle CAYMAN ISLAND dai soci promotori dello stesso Ltcm !!!
-
nel Corsera del 26-10-95 il Financial Time ha
scritto che per questo investimento la Banca d'Italia ha perso la sua
"credibilità morale";
-
ne Il Sole 24 Ore dell’ 8-10-98 - "E' assurdo utilizzare riserve
nazionali per investire su un fondo come Ltcm, che era chiaramente
speculativo", dichiara Edward Thorp, "padre" degli Hedge Fund
americani;
-
nel libro “Il Potere del
denaro svuota le democrazie” di Giano Accame, ed. Settimo Sigillo – un
esplicito riferimento alla presenza della Banca d’Italia alle isole Cayman.
COSA
POSSIAMO PENSARE?
Possono essere informazioni
vere o false; poco importa; andare a rintracciare i fondi neri è sempre
un’impresa complessa. Ciò che conta è che quei soldi non sono dove dovrebbero
essere, ovvero nelle casse dello Stato a lenire il nostro enorme debito
pubblico.
Ma
l’argomento del contendere è “solo” di 100 miliardi di euro?
Dal
sito http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Debito-Pub/index.htm scopriamo che il debito pubblico nazionale il 31/12/2005 era pari a 1.511 miliardi di € dei quali l’80% sono
titoli di Stato; oltre 1.200 miliardi di €.
Quindi
apparentemente lo Stato è indebitato con i Cittadini possessori di tutti questi
titoli di debito pubblico. È questa solo una parte della verità. La verità
completa è scritta fra le righe degli atti ufficiali.
Dalla
sentenza con la quale il tribunale di Roma ha condannato il Prof. Giacinto Auriti
per temerarietà, il 20 settembre 1994, apprendiamo: " .... la Banca d'Italia cede la proprietà dei biglietti, i quali,
in tale momento, come circolante, vengono appostati al passivo nelle scritture
contabili dell'Istituto di emissione, acquistando
in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o valori mobiliari (titoli,
valute, ecc.) che vengono, invece, appostati nell'attivo. "
Della
seduta della Camera dei Deputati tenutasi il 17/03/1995, il deputato Pasetto
rivolse una interrogazione al Ministro del Tesoro per sapere se non intendesse
promuovere una riforma legislativa diretta a definire la moneta un bene reale
conferito, all'atto dell'emissione, a titolo originario di proprietà di tutti i
cittadini appartenenti alla collettività nazionale italiana, con conseguente
riforma dell'attuale sistema dell'emissione monetaria, che trasforma la banca
centrale da semplice ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari. Nel
rispondere a tale interrogazione, il Sottosegretario di Stato per il Tesoro,
Carlo Pace, ha affermato: è inesatto
sostenere che la banca centrale è proprietaria dei valori monetari, avendo per
legge il compito istituzionale di emettere moneta e quindi crearla e di
immetterla in circolazione "mediante il trasferimento ad altri soggetti, normalmente verso il corrispettivo di
titoli o valute estere, attraverso le operazioni a tal fine
legislativamente previste (quali, ad esempio, quelle di risconto o di
anticipazioni, disciplinate dagli articoli 27 - 30 del Regio Decreto 28 Aprile
1910, n. 204, e successive modificazioni)"; ciò premesso, "in
sostanza, per tutta la durata della circolazione, la moneta rappresenta un
debito una passività dell'Istituto di Emissione; e come tale è iscritta, nel
suo Bilancio, fra le poste passive".
Proviamo
a seguire la procedura vigente passo dopo passo. La collettività ha prodotto nuovi
beni e servizi che non può immettere con successo sul mercato perchè manca la
necessaria monetizzazione pari ad esempio a 5 miliardi di €. Lo Stato emette titoli
di debito pubblico pari a 5 mld di € per il quale l’autorità monetaria emette
nuova moneta.
Prima
di questo istante ci trovavamo in questa configurazione:
-
debito dello Stato:
1.500 mld di €;
-
banconote in circolazione
al passivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia: 100 mld di euro.
Dopo
l’effettuazione dell’operazione ci troveremo in questa configurazione:
-
debito dello Stato:
1.505 mld di €;
-
banconote in
circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia: 105
mld di euro;
-
nuovi 5 mld di € di
titoli di debito pubblico all’attivo della situazione patrimoniale della Banca
d’Italia;
-
nuovi 5 mld € virtuali
monetizzano la società.
Qualora
la Banca d'Italia decidesse o avesse la possibilità di trasferire ai risparmiatori
quei nuovi titoli di debito pubblico in cambio di 5 mld di €, cosa succederebbe
nella sua Contabilità in termini di situazione patrimoniale, conto economico e
trattamento fiscale?
Succederebbe
che la banca d'Italia incasserebbe 5 mld di € che stornerebbe dalle banconote
in circolazione, così come pure stornerebbe dall'attivo i titoli di Stato.
Ma
i 5 miliardi di € ricevuti dai risparmiatori che fine fanno? Essi sono
annullati contabilmente dalla messa al passivo delle monete emesse a costi
pressoché nulli nel passaggio precedente. La parola “Cayman” in questi casi
risulta particolarmente sinistra per la collettività ed interessante per chi
smaneggia quelle somme. Otterremmo quindi la seguente configurazione:
-
debito dello Stato:
1.505 mld di €;
-
banconote in
circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia: 100
mld di euro;
-
ritorno alla
configurazione di partenza dei titoli di debito pubblico all’attivo della
situazione patrimoniale della Banca d’Italia;
-
5 mld di € in nero da sistemare
da qualche parte.
Il
mondo accademico giura che quei 5 mld vengono distrutti, ma qualche dubbio appare
lecito. Ipotizziamo che gli si creda e si creda anche alle tiepide ed incerte
dimostrazioni presentate da bankitalia nei suoi bilanci. Otterremmo la seguente
configurazione:
-
debito dello Stato:
1.505 mld di €;
-
banconote in
circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia: 100
mld di euro.
Ma
questo non è ciò che serve alla collettività; ad essa serve una monetizzazione
di 5 mld di euro SENZA contrarre nessun indebitamento, perché è essa che ha
prodotto quei nuovi beni e quindi quei 5 mld di € sono dello Stato che la
rappresenta.
La
procedura è identica anche nei paesi “comunisti”. Non è difficile ora
comprendere la genesi del pressoché generalizzato indebitamento pubblico di
tutti gli Stati.
Se
invece lo Stato emettesse per proprio conto le monete oppure la banca centrale
gli cedesse le monete emesse a costi tipografici e questi ne postasse l’importo
all’attivo del proprio bilancio, la configurazione che si otterrebbe sarebbe la
seguente:
-
lo Stato non si
indebiterebbe;
-
il corpo sociale
beneficerebbe dei 5 mld di € per effettuare le transazioni necessarie alla
messa sul mercato dei nuovi beni prodotti da esso stesso.
È
proprio questo ciò che serve alla collettività.
2 – Perché lo Stato ha delegato ad un organismo privato sovranazionale
la gestione della moneta?
Il
motivo “ufficiale” è che storicamente spesso è successo che il potere politico
non ha operato ragionevolmente con le proprie monete, provocando fenomeni
negativi quali gli aumenti dei prezzi determinati dalla produzione di troppa
moneta.
In
risposta a due interrogazioni del 3 novembre e 1° dicembre 1994, rispettivamente
dei senatori Natali e Orlando (appartenenti il primo al gruppo di Alleanza
Nazionale, ed il secondo al gruppo di Rifondazione Comunista), il
Sottosegretario di Stato per il Tesoro, Vegas, ha ripetuto quale fosse il
compito istituzionale dell'Istituto di Emissione ed ha ribadito che questo non
fosse proprietario dei valori monetari e che per tutta la durata della
circolazione la moneta rappresentasse un debito, come tale iscritto nel bilancio
dell'istituto fra le poste passive.
Come
ulteriore argomentazione il Sottosegretario Vegas ricordò come nella attuale dottrina economica e nelle
opinioni pubbliche degli Stati europei fosse avvertita e radicata l'esigenza
"di non concentrare nelle mani di uno stesso soggetto politico, quale
potrebbe essere l'autorità di governo, il potere di creare moneta e quello di
spenderla, onde impedire che la moneta diventi strumento di lotta
politica"; e ricordò che tale esigenza aveva trovato esplicito riconoscimento
giuridico nel Trattato di Maastricht, che "sancisce il principio cardine dell'autonomia delle banche centrali dalle
autorità governative statali, affidando in via esclusiva alle prime le
funzioni monetarie e lasciando invece alle seconde la cura della politica
fiscale e di bilancio".
Infatti
in un sistema economico si ha:
Dove: P.I.L. è
il prodotto interno lordo, espresso in €/anno;
V è
la velocità della circolazione monetaria, espressa in utilizzi/anno;
M è
la massa monetaria presente sul mercato, compresi i risparmi correttamente
impiegati negli investimenti ad esempio dal sistema
bancario, espressa in €;
P sono
i prezzi dei beni e servizi prodotti e commercializzati in un anno,
espressi in €;
B sono
i beni ed i servizi prodotti in un anno;
nel
momento in cui uno Stato mette in circolazione troppa moneta, cedendo alle
richieste sindacali e/o corporative e/o lobbistiche, “gonfiando” M, a parità di
beni e servizi prodotti, succede automaticamente che i prezzi aumentano.
Ma
è anche vero che se una collettività produce nuovi beni e servizi, deve
disporre di una adeguata monetizzazione senza indebitamento, perché altrimenti
l’equilibrio non verrà mai raggiunto (esattamente ciò che accade a noi).
Si
aprono ora due scenari, quello attuale e quello che dovrebbe essere se si
rispettasse la Costituzione ed il Diritto Naturale.
COME
FUNZIONA OGGI
Lo
Stato monetizza il sistema economico indebitandosi della necessaria nuova
moneta, introducendo un grave elemento di instabilità progressiva: la MONETA
DEBITO. La banca centrale di emissione in cambio di titoli di debito pubblico
crea le banconote dal nulla a costi tipografici, posta al passivo il valore
nominale delle suddette banconote ed aggrava perennemente e progressivamente la
situazione finanziaria dello Stato. Non è dato conoscere la destinazione delle
banconote ottenute dalla vendita dei titoli di debito pubblico ai
risparmiatori, azzerate contabilmente dalla suddetta fittizia messa al passivo
del loro valore facciale.
COME DOVREBBE FUNZIONARE
Lo
Stato monetizza il sistema economico stampando la necessaria nuova moneta e
ponendo il valore nominale delle stesse all’attivo della Sua contabilità:
MONETA CREDITO.
ULTERIORI OSSERVAZIONI
Ipotizzando
che sia corretto definire l’inflazione come l’aumento dei prezzi P, perché
l’autorità monetaria agisce su di essa sempre restringendo l’accesso al
credito, ovvero contenendo M, quando non è l’eccesso di M a cagionare
l’inflazione stessa?
Quando
i prezzi P aumentano a causa del rincaro di alcune materie prime importanti
come ad esempio il petrolio, il rame, ecc. non abbiamo certamente la
circolazione monetaria in eccesso; anzi, per avere l’equilibrio bisognerebbe
aumentarla proporzionalmente senza indebitare nessuno. Gli attuali aumenti del
TUS sono del tutto ingiustificati; determineranno un peggioramento del debito
pubblico, con tutte le ricadute che conosciamo. L’emissione di “moneta
credito” risolve agevolmente il problema ristabilendo il necessario
equilibrio senza alcuna sorta di problema sociale.
Quando
i prezzi P aumentano a causa di carenze strutturali come ad esempio la mancanza
di un adeguato numero di punti vendita rispetto al fabbisogno (come in Italia
negli anni ’70 ed ‘80), non abbiamo certamente la circolazione monetaria in
eccesso; anzi, per avere l’equilibrio bisognerebbe aumentarla proporzionalmente
senza indebitare nessuno. Gli aumenti di quegli anni del TUS erano del tutto
ingiustificati; hanno drasticamente contribuito al peggioramento del debito
pubblico. L’emissione di “moneta credito” risolve agevolmente il
problema ristabilendo il necessario equilibrio senza alcuna sorta di problema
sociale.
Quando
i prezzi P aumentano a causa dell’aumento del debito pubblico, alimentato dalla
spirale perversa della “moneta debito” (come in Italia negli anni ’70 ed
’80, ma soprattutto in America Latina ed in alcuni Paesi in via di sviluppo),
non abbiamo certamente la circolazione monetaria in eccesso; anzi, per avere
l’equilibrio bisognerebbe aumentarla proporzionalmente senza indebitare nessuno.
Gli aumenti del TUS sono del tutto ingiustificati; contribuiscono tragicamente
al peggioramento del debito pubblico ed al collasso sociale. L’emissione di “moneta
credito” risolve agevolmente il problema ristabilendo il necessario equilibrio
senza alcuna sorta di problema sociale.
Prima
domanda per i negazionisti:
come
si può monetizzare un sistema economico in stato di carenza monetaria, senza
indebitarlo?
Per
chi non è negazionista la risposta è immediata: lo Stato stampa la moneta
necessaria al raggiungimento dell’equilibrio, postandone il valore facciale
all’attivo.
La
risposta dei negazionisti non è nota.
Seconda
domanda per i negazionisti:
vista l'autonomia delle banche centrali
dalle autorità governative statali, qual è l’autorità che valuta il
comportamento delle banche centrali stesse? A chi rispondono del loro operato? Che senso ha parlare di democrazia
se lo strumento fondamentale di gestione della cosa pubblica non è nelle mani
dei rappresentanti del popolo?
Va
sicuramente sottratta al potere politico la facoltà di violare il Diritto
Naturale, ma non si ravvisano certamente nelle questioni monetarie gli estremi
per effettuare questa sottrazione. La questione monetaria è un tutt’uno con la
“res publica”.
Lino
Rossi
P.S.:
Numerosi
lettori mi hanno invitato a trarre le conclusioni della prima parte, peraltro
“ovvie” ed a portata di chiunque abbia avuto la pazienza di seguire tutti i
passaggi; infatti Loro stessi Vi sono pervenuti. Esse si possono sintetizzare
in questa maniera:
-
il danno che ha subito
lo Stato da questa procedura illegale è pari all’ammontare dei titoli del
debito pubblico in essere, ovvero oltre 1200 miliardi di euro, dei quali 1100
già fatti sparire in nero e 100 sotto forma di banconote in circolazione; non
ci sono elementi per determinare la genesi e la sorte dei 300 miliardi di euro
rimanenti di debito, diversi dai titoli di debito pubblico;
-
la convinzione che lo
Stato è debitore nei confronti dei risparmiatori possessori dei titoli del
debito pubblico è assolutamente incompleta e quindi errata e fuorviante. La
realtà è ben espressa dalla presente affermazione, dedotta dai documenti
ufficiali con il metodo matematico-deduttivo posto a fondamento della nostra
civiltà:
lo Stato è debitore nei confronti dei risparmiatori
possessori dei titoli del debito pubblico dell’importo dei titoli stessi ma è
pure creditore per lo stesso importo nei confronti della propria banca centrale
di emissione, perché la stessa gli ha sottratto negli anni quelle risorse in
base ad una procedura ingannevole e contraria alla Costituzione, al buon senso
ed al Diritto Naturale.
Lino
Rossi
NOTE
1) A pagina 441 del bilancio bankitalia 2005 infatti troviamo:
BANCONOTE IN
CIRCOLAZIONE
La BCE e le dodici
BCN dell’area dell’euro, che insieme compongono l’Eurosistema, emettono le
banconote in euro dal 1° gennaio 2002 (Decisione BCE 6 dicembre 2001, n. 15
sulla emissione delle banconote in euro, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 337 del 20.12.2001,
pp.52-54, e successive modifiche). Con riferimento all’ultimo giorno lavorativo
di ciascun mese l’ammontare complessivo delle banconote in euro in circolazione
viene redistribuito sulla base dei criteri di seguito indicati.
Dal 2002 alla BCE
viene attribuita una quota pari all’8 per cento dell’ammontare totale delle
banconote in circolazione, mentre il restante 92 per cento viene attribuito a
ciascuna BCN in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione al
capitale della BCE (quota capitale). La quota di banconote attribuita a
ciascuna BCN è rappresentata nella voce di stato patrimoniale Banconote in circolazione. La differenza tra
l’ammontare delle banconote attribuito a ciascuna BCN, sulla base della quota
di allocazione, e quello delle banconote effettivamente messe in circolazione
dalla BCN considerata, dà origine a saldi intra Eurosistema remunerati. Dal
2002 e sino al 2007 i saldi intra Eurosistema derivanti dalla allocazione delle
banconote sono rettificati al fine di evitare un impatto eccessivo sulle
situazioni reddituali delle
BCN rispetto agli anni precedenti. Le correzioni sono apportate sulla base
della differenza tra l’ammontare medio della circolazione di ciascuna BCN nel
periodo compreso tra luglio 1999 e giugno 2001 e l’ammontare medio della
circolazione che sarebbe risultato nello stesso periodo applicando il
meccanismo di allocazione basato sulle quote capitale. Gli aggiustamenti
verranno ridotti anno per anno fino alla fine del 2007, dopodiché il reddito relativo alle banconote
verrà integralmente redistribuito in proporzione alle quote, versate, di
partecipazione delle BCN al capitale della BCE (Decisione BCE 6 dicembre 2001,
n. 16, sulla distribuzione del reddito monetario delle BCN degli Stati membri partecipanti a partire dall’esercizio
2002, in Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 337 del 20.12.2001,
pp.55-61, e successive modifiche).
Gli interessi
attivi e passivi maturati su questi saldi sono regolati attraverso i conti con
la BCE e inclusi nella voce di conto economico interessi attivi netti.
Il Consiglio
direttivo della BCE ha stabilito che il reddito
da signoraggio della BCE, derivante dalla quota dell’8 per cento delle
banconote a essa attribuite, venga riconosciuto separatamente alle BCN il
secondo giorno lavorativo dell’anno successivo a quello di riferimento sotto
forma di distribuzione provvisoria di utili (Decisione BCE 17 novembre 2005, n.
11, in Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee L 311 del 26.11.2005, pp.41-42). Tale distribuzione avverrà
per l’intero ammontare del reddito da
signoraggio, a meno che quest’ultimo non risulti superiore al profitto
netto della BCE relativo all’anno considerato o che il Consiglio direttivo
della BCE decida di ridurre il reddito
da signoraggio a fronte di costi sostenuti per l’emissione e la
detenzione di banconote. Il Consiglio direttivo della BCE può altresì decidere
di accantonare l’intero reddito in discorso o parte di esso a un fondo destinato a fronteggiare i rischi di
cambio, di tasso di interesse e di prezzo dell’oro. La distribuzione
dell’acconto sugli utili da parte della BCE, corrispondente alla quota di reddito da signoraggio della BCE
stessa riconosciuta all’Istituto, è registrata per competenza nell’esercizio
cui tale reddito si riferisce,
in deroga al criterio di cassa previsto in generale per i dividendi e gli utili
da partecipazione.
Per
l’esercizio 2005 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso che l’intero
ammontare del reddito da signoraggio resti attribuito alla BCE stessa.
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20/10/2006 : signet@work : sandro pascucci : www.signoraggio.com v.0.5 [http://www.signoraggio.com/signoraggio_laquestionemonetaria.html] |