La Fine dell'Egemonia del Dollaro
Cent'anni addietro la si chiamava “diplomazia del dollaro”.
Dopo la II Guerra Mondiale, e soprattutto dopo la caduta dell'Unione
Sovietica nel 1989, questa diplomazia lasciò il posto a
una vera e propria “egemonia del dollaro”. Adesso,
dopo anni di grandi successi il dominio del dollaro sta giungendo
a conclusione.
Si diceva, giustamente, che colui che possiede l'oro detta le
regole. In passato infatti, un commercio onesto e corretto richiedeva
lo scambio tra beni che avessero un valore reale.
In principio esisteva semplicemente il baratto. In seguito si
scoprì che l'oro, accettato universalmente, si poneva come
un conveniente intermediario al posto delle ingombranti e difficoltose
transazioni dirette. Non solo l'oro facilitava lo scambio di beni
e servizi, fungeva anche da riserva di valore per coloro che volevano
risparmiare per i tempi più difficili.
Benché la moneta abbia trovato una naturale evoluzione
nel mercato, con l'accrescere dei loro poteri politici ed economici
i governi si appropriarono presto di un controllo monopolistico
sopra la stessa. Talvolta re e imperatori riuscirono a farsi garanti
della qualità e purezza dell'oro. Nella maggior parte dei
casi però, e nella speranza che i sudditi non scoprissero
la frode, essi inflazionarono la moneta riducendone l'ammontare
di metallo così da poter spendere più di quanto
incassavano. Nuove imposizioni fiscali, così come l'inasprimento
di quelle già esistenti, suscitavano infatti la disapprovazione
dei contribuenti.
Di fronte a questa situazione molti capi di governo andarono a
cercare nuovo oro fuori dai propri confini, tramite la conquista
di altre nazioni. Finanziare progetti bizzarri e dispendiosi conquistando
terre straniere pareva una logica alternativa al lavoro e alla
produzione di beni reali. Queste conquiste non solo portavano
a casa carichi d'oro, ma anche carichi di schiavi. La tassazione
delle popolazioni dominate costituiva un ulteriore incentivo all'impero.
La cose funzionavano per un periodo di tempo durante il quale
ci si abituava a vivere aldilà dei propri mezzi, godendo
panem et circenses. Il declino morale della popolazione conduceva
quindi a una progressiva inerzia della stessa fin quando il limite
numerico alle nazioni che potevano essere saccheggiate e derubate
portava inevitabilmente al crollo dell'impero. In mancanza di
nuovo oro, le potenze militari si sgretolavano. A quel punto,
coloro che possedevano l'oro potevano veramente dettare le regole
e vivere dignitosamente.
Questa regola generale funzionò per diverse epoche. L'utilizzo
dell'oro come moneta e la salvaguardia di un commercio onesto
portava le nazioni più virtuose a prosperare. Tuttavia,
quando un paese dotato di un esercito potente e grandi riserve
d'oro cominciava a dedicarsi alla costruzione di imperi e facili
fortune con cui alimentare il proprio benessere domestico, esso
segnava inevitabilmente l'inizio del proprio declino.
Oggi i principi sono gli stessi, sono i processi ad essere diversi.
L'oro non è più la valuta corrente del “regno”;
al suo posto, la carta. Oggi la regola è: “Colui
che stampa la moneta detta le leggi”, almeno per il momento.
Benché non si usi più l'oro, il meccanismo è lo
stesso: indurre o obbligare Paesi stranieri, mediante la propria
superiorità militare e il controllo sulla stampa di moneta,
a produrre e quindi a finanziare il proprio Paese.
Poiché la stampa di cartamoneta altro non è che
una contraffazione vera e propria, colui che emette la valuta
internazionale può farlo solo in virtù della propria
potenza militare, tramite la quale garantisce il controllo sul
sistema. Questo magnifico disegno sembra rappresentare il sistema
perfetto per garantire una ricchezza perpetua a quel Paese che
de facto emette la valuta mondiale. L'unico problema è che
un sistema del genere corrompe il carattere del popolo di quella
nazione, proprio come quando l'oro era moneta di scambio e lo
si otteneva tramite la conquista di altre nazioni. Ciò a
sua volta mina ogni incentivo al risparmio e alla produzione,
mentre allo stesso tempo incoraggia il debito e un crescente ricorso
a politiche di Welfare.
All'interno dei propri confini, gli incentivi e le pressioni ad
inflazionare la valuta provengono sia da coloro che beneficiano
di vantaggi diretti, sia da quelli che chiedono sovvenzioni, anche
a titolo di compensazione per le presunte ingiustizie inflitte
da altri. In entrambi i casi il risultato è che si finisce
col perdere la responsabilità personale delle proprie azioni.
Quando la carta moneta viene rifiutata, o quando l'oro finisce,
la ricchezza e la stabilità politica sono perse. Il Paese
dominante passa da una situazione nella quale viveva al di sopra
dei propri mezzi a una nella quale è costretto a vivere
al di sotto degli stessi, questo sino a quando il sistema economico
e politico si adatta alle nuove regole, regole scritte da altri
e non più da coloro che prima controllavano la defunta
stampa della moneta.
............
Il Congresso creò nel 1913 il sistema della Federal Reserve.
Da allora sino al 1971 il principio di un sistema monetario sano
fu continuamente minato ed indebolito. Dal 1913 al 1971, la Federal
Reserve trovò molto più semplice espandere l'offerta
di moneta per finanziare guerre e manipolare l'economia, con lievi
opposizioni da parte del Congresso.
Dopo la fine della II Guerra Mondiale, il dominio del dollaro
aumentò considerevolmente. Fummo risparmiati dalla distruzione
che colpì tante Nazioni, e le nostre casse si riempirono
dell'oro proveniente da tutto il mondo. Ma il mondo non scelse
di ritornare al regime del Gold Standard, e i politici ne furono
compiaciuti. Stampare moneta per pagare i debiti era sicuramente
più popolare che tassare le persone o limitare le spese
pubbliche non necessarie. In cambio di benefici di breve termine,
gli squilibri furono istituzionalizzati per i decenni a venire.
Nel 1944 gli accordi di Bretton Wood solidificarono la posizione
del dollaro come la più importante riserva di valuta, rimpiazzando
la sterlina inglese. Vista la nostra potenza politica e militare,
e viste le immense riserve d'oro fisico, il pianeta non ci mise
tanto ad accettare il dollaro (pareggiato ad 1/35 di oncia d'oro)
come valuta mondiale. Si diceva che il dollaro fosse “as
good as gold”, sicuro quanto l'oro, e convertibile in ogni
banca centrale del mondo a quel tasso. Per i cittadini americani,
comunque, l'oro rimaneva per legge illegale da detenere. Questo
era il gold-exchange standard, che sin dall'inizio era destinato
a breve durata.
Gli Stati Uniti, in seguito, fecero ciò che molti avevano
a loro tempo predetto. Stamparono dollari per i quali non esisteva
nessuna copertura reale di oro fisico. Il mondo fu contento di
accettarli per oltre vent'anni senza problemi, sino alla fine
degli anni '60, quando, la Francia e altri Stati chiesero agli
USA di onorare la promessa fatta pagando una oncia di oro per
ogni 35$. Questo portò a un rapido prosciugamento delle
riserve e al conseguente crollo di un mal progettato pseudo-gold-standard.
Tutto finì il 15 Agosto del 1971, quando Nixon chiuse i
rubinetti dell'oro e si rifiutò di pagare le rimanenti
280 milioni d'once d'oro. In sostanza, dichiarammo al mondo la
nostra insolvenza . Divenne necessario progettare un qualche nuovo
sistema monetario allo scopo di riportare la stabilità nei
mercati.
Assurdamente si ideò un nuovo sistema che permetteva agli
Stati Uniti di stampare cartamoneta, riconosciuta ancora come
riserva valutaria mondiale, senza nessun limite o restrizione,
nemmeno la pretesa di una qualche convertibilità con l'oro,
niente di niente! Benché la nuova situazione fosse ancora
più profondamente difettosa della precedente, si aprirono
definitivamente le porte a una ulteriore crescita dell'egemonia
del dollaro.
Sapendo che il mondo si stava avviando verso un qualcosa di completamente
nuovo e rivoluzionario, le elites del mondo monetario, appoggiate
fortemente dalle autorità americane, perfezionarono un
accordo con l'OPEC in modo da fissare il prezzo del petrolio esclusivamente
in dollari per tutte le transazioni mondiali. Questo conferì al
dollaro una posizione privilegiata e, in essenza, agganciò il
dollaro al petrolio. In cambio, gli Stati Uniti promisero di proteggere
gli stati ricchi di petrolio sparsi intorno al Golfo Persico da
invasioni o da rivolte interne. Questo accordo contribuì fortemente
ad infiammare il movimento islamico radicale che, in quelle regioni,
si opponeva all'autorità americana. L'accordo diede inoltre
un forza artificiale al dollaro, con incredibili benefici economici
e finanziari per gli Stati Uniti. Ci permise di esportare la nostra
inflazione monetaria comprando petrolio e altri beni all'estero,
con vantaggi crescenti all'aumentare dell'influenza mondiale del
dollaro.
Questa situazione post-Bretton Wood era di gran lunga più fragile
di quella preesistente tra il 1945 ed il 1971. Benché l'accordo
petrolio/dollaro fosse utile, non era certo stabile come il pseudo-Gold
Standard; sicuramente lo era molto meno del Gold Standard, in
essere alla fine del XIX secolo.
Negli anni '70 il dollaro rischiò di collassare quando
il prezzo del petrolio aumentò e l'oro schizzò a
800$ all'oncia. Per salvare il sistema si dovettero portare i
tassi al 21%. Le pressioni sul dollaro durante gli anni '70, nonostante
i benefici accumulati, fecero venire a galla deficit di bilancio
irresponsabili e generarono una grande inflazione monetaria. I
mercati non si fecero ingannare dalla idea che potessimo permetterci
sia la botte piena che la moglie ubriaca.
Ancora una volta però il dollaro fu salvato, e agli albori
degli ani '80 iniziò una ascesa verso quel domino assoluto
che dura ancora oggi. Con l'incredibile cooperazione di banche
centrali e banche di commercio internazionali, si iniziò ad
accettare nuovamente il dollaro come fosse oro.
Il governatore della Fed Alan Greenspan, in diverse occasioni
davanti la "House Banking Commitee", rispose alle mie
domande circa la sua precedente posizione riguardo l'oro, e in
particolare le sue visioni favorevoli al gold standard, affermado
che a lui e ad altri banchieri centrali era stata affidata della
moneta di carta – i.e. il sistema del dollaro cartaceo – con
il compito di trattarla come fosse oro. Ogni volta io sottolineai
che il tentativo di raggiungere quell'obbiettivo avrebbe significato
andare contro a secoli di storia economica dove la moneta sentiva
il bisogno e la necessità di essere un qualcosa di valore
reale. Lui, pur in maniera compiaciuta e presuntuosa, mi ha sempre
dato ragione.
Negli ultimi anni le banche centrali e parecchie istituzioni finanziarie,
entrambe con ampi interessi nel continuare a far funzionare bene
il regime del fiat-dollar-standard, non hanno fatto segreto di
vendere e prestare grandi quantità di oro, ponendo seri
dubbi sulla saggezza di tali operazioni. Non hanno mai ammesso
di voler pilotare il prezzo dell'oro, ma è palese come
speravano in una diminuzione del prezzo poiché questo avrebbe
comportato una maggiore fiducia nel mercato: apparentemente erano
riusciti a trasformare la carta in oro.
Un prezzo crescente dell'oro ha sempre voluto significare una
diminuzione della fiducia nella moneta cartacea. Lo sforzo di
abbattere il prezzo dell'oro, simile a quello compiuto per tutti
gli anni '60, mirava a convincere il mondo che il dollaro fosse
forte e sicuro quanto l'oro. Durante la Grande Depressione, una
delle prime mosse di Roosevelt fu quella di sopprimere il libero
mercato del prezzo dell'oro, importante indicatore di un sistema
monetario che non funziona come dovrebbe, rendendo illegale il
possesso d'oro per i cittadini americani. Alla fine la legge economica
rese inutile lo sforzo, come accadde negli anni '70 quando il
Tesoro e il Fmi cercarono di fissare il prezzo dell'oro vendendone
tonnellate a prezzi stracciati per smorzare l'entusiasmo di quelli
che cercavano un paradiso sicuro dal crollo del dollaro dopo che
il possesso dell'oro fu nuovamente legalizzato.
Ancora una volta lo sforzo di ingannare i mercati sul vero valore
del dollaro per tutto il ventennio tra il 1980 ed il 2000 risultò vano.
Negli ultimi 5 anni il dollaro si è svalutato rispetto
all'oro di più del 50%. È impossibile ingannare
tutte le persone nello stesso tempo, anche con tutto il potere
che possiede la Federal Reserve.
Nonostante le inadeguatezze del sistema fiat money, il dollaro
continuò a prosperare. I risultati sembravano positivi,
ma i grandi squilibri macroeconomici interni continuarono a crescere.
E come al solito, a Washington i politici americani cercano di
risolvere i problemi dandosi da fare su un lavoro di facciata
piuttosto che cercando di capire e affrontare il problema reale:
una politica monetaria difettosa. Protezionismo, tassi di cambio
fissi, sanzioni motivate politicamente, sussidi alle imprese,
gestione del commercio internazionale, controllo dei prezzi, controllo
dei tassi di interesse e dei salari, sentimenti ipernazionalisti,
uso della forza, addirittura guerra, tutte facili soluzioni per
nascondere il problema reale, per nascondere i problemi creati
da un sistema monetario ed economico pericolante e difettoso.
Nel breve termine, chi emette moneta non coperta da beni reali
può ottenere grandi benefici economici. Nel lungo termine
può mettere in pericolo l'intero Paese. Nel nostro caso,
gli Stati Uniti. Fino a quando i Paesi stranieri accetteranno
i nostri dollari in cambio di beni e merci reali, noi ne trarremmo
grande vantaggio. Questa è una fortuna che molti in Parlamento
non riescono a comprendere, continuando a sanzionare la Cina per
il suo forte segno positivo nella bilancia commerciale verso gli
USA. Al contempo la perdita di capacità produttiva tende
a spostarsi oltre oceano e ci rende più dipendenti e meno
autosufficienti. I Paesi stranieri, grazie agli alti tassi di
risparmio, accumulano riserve di dollari, e non mancano di restituirceli
gentilmente a bassi tassi di interesse per finanziare in nostri
eccessivi consumi.
Sembra un gran bel affare per tutti quanti, ma verrà il
giorno in cui il dollaro – a causa del suo deprezzamento – verrà accettato
un po' meno felicemente dagli Stati stranieri, o verrà addirittura
rifiutato. Questo creerebbe una nuova situazione, e la danze rinizierebbero
nuovamente, ma con un forte scotto da pagare per aver vissuto
così a lungo aldilà dei nostri mezzi e della nostra
capacità produttiva. E l'inizio di questo processo è già iniziato,
il dollaro sta iniziando a vacillare, ed il peggio deve ancora
venire.
L'accordo negli anni '70 con l'OPEC, riguardante la determinazione
del prezzo del petrolio esclusivamente in dollari, diede una incredibile
forza, benché artificiale, al dollaro stesso, che divenne
la più importante valuta mondiale. Questa situazione ha
creato una forte domanda per la valuta statunitense, domanda che
ha assorbito gli enormi quantitativi di moneta immessi dalla Fed
ogni anno. Nell'ultimo anno la Massa Monetaria definita come M3 è aumentata
di oltre 700 miliardi di dollari.
Questa artificiale domanda di moneta, insieme alla nostra strapotenza
militare, ci permette di occupare una posizione di controllo sul
pianeta intero, nonostante i bassi tassi di produttività del
lavoro e di risparmio, e senza limiti sui consumi e sull'indebitamento.
Il problema è che questa situazione può durare per
sempre.
L'inflazione dei prezzi sta alzando la sua brutta faccia; la bolla
speculativa – generata dal credito (troppo) facile è scoppiata.
La bolla immobiliare creata allo stesso modo si sta sgonfiando.
Il prezzo dell'oro è raddoppiato e la spesa federale è fuori
controllo con nessuna volontà politica di controllarla.
Il deficit commerciale dello scorso anno si aggirava oltre i 728
bilioni di dollari. Una guerra da 2 trilioni di $ continua il
suo corso, e sono stati discussi piani per espandere la guerra
anche all'Iran e alla Siria. L'unica forza in grado di porre un
limite a tutto questo potrebbe arrivare da un rifiuto globale
del dollaro. In tal caso potrebbero ripresentarsi le condizioni
del biennio '79-'80. Si farà di tutto per permettere che
non succeda e per proteggere il dollaro. Ci sono forti interessi
condivisi tra chi emette e chi possiede dollari, forti abbastanza
da mantenere ancora lo status quo.
Greenspan, nel suo pirmo discorso dopo avere lasciato la Fed,
ha dichiarato che gli alti prezzi dell'oro derivano dalla situazione
politica internazionale, dal terrorismo, e non da cause monetarie
o dalla montagna di dollari creati durante il suo mandato. L'oro
deve essere screditato, mentre la reputazione del dollaro deve
essere sostenuta. Anche quando il dollaro arriverà ad essere
messo sotto serio attacco dalle forze del mercato, le banche centrali
e il FMI faranno di tutto per far assorbire i dollari dal sistema
così da garantire la stabilità. Alla fine i loro
tentativi falliranno.
L'agganciamento del dollaro al petrolio sarà difeso per
permettere al dollaro di perpetuarsi come valuta principale. Ogni
attacco a questa relazione sarà in futuro come in passato
combattuta con la forza.
Nel novembre del 2000 Saddam Hussein chiese in cambio del suo
petrolio Euro invece che Dollari. La sua arroganza venne percepita
come una grande minaccia per il dollaro; militarmente l'Iraq non
ha mai impensierito gli Stati Uniti. Alla prima riunione con la
neoeletta amministrazione nel 2001, secondo quanto dice il ministro
del tesoro Paul O'Neill, l'argomento principale fu come sbarazzarsi
di Saddam Hussein, benché non fosse chiaro che tipo di
minaccia rappresentasse. La gran preoccupazione sul caso Saddam
sorprese e scioccò O'Neill.
Tutti ormai sanno che l'immediata reazione dell'amministrazione
agli attacchi del 9/11 si estrinsecò nel come collegare
Saddam Hussein a questi attacchi, per giustificare un'invasione
o per ribaltare il suo governo. Nonostante non ci fosse nessun
esplicito collegamento al 9/11, o evidenza di armi di distruzione
di massa, il supporto della Nazione per giustificare la deposizione
di Saddam, così come quello del parlamento, fu ottenuto
attraverso distorsioni o false rappresentazioni dei fatti.
Non ci fu alcuna denuncia pubblica della correlazione tra la rimozione
di Saddam e l'attacco all'integrità del dollaro come valuta
mondiale. Alcuni credono che questa sia la vera ragione a capo
della nostra ossessione sull'Iraq. Io dubito che fosse la sola
ragione, ma credo che abbia avuto un'importanza significativa
sulla decisione finale. Poco dopo la vittoria militare, tutte
le esportazioni petrolifere irachene tornarono ad essere scambiate
in dollari. L'Euro fu abbandonato.
Nel 2001, l'ambasciatore venezuelano in Russia fece trapelare
che il suo Paese era intenzionato a richiedere Euro per le esportazioni
di petrolio. Dopo un anno ci fu un tentativo di golpe ai danni
di Chavez, con l'assistenza dell'CIA.
Il dollaro arrestò la propria caduta proprio grazie a questi
tentativi di salvataggio.
Questi eventi sono stati fondamentali per il mantenimento del
dollaro come valuta mondiale.
Oggi, un nuovo evento minaccia l'integrità del sistema
del petrodollaro. L'Iran, uno dei paesi membri dell'“Asse
del male” ha annunciato di voler creare nel marzo di quest'anno
una Borsa dove negoziare il petrolio. E indovinate un po', il
petrolio verrà scambiato in Euro e non in Dollari.
Molti cittadini americani hanno dimenticato come le nostre politiche
abbiano sempre sistematicamente e gratuitamente irritato il popolo
Iraniano. Nel 1953 la CIA contribuì a rovesciare un presidente
eletto democraticamente, Mohammed Mossadeqh, per fare posto ad
uno più legato agli US, l'autoritario Shah. Gli iraniani
erano ancora irritati da questo fatto quando si verificarono gli
eposidi del 1979. La nostra alleanza con Saddam non migliorò la
questione, come non migliorò le nostre relazioni con Saddam
Hussein. L'inserimento dell'Iran nella lista dei Paesi dell'Asse
del Male non contribuì certamente ai rapporti diplomatici
tra i due Paesi. I recenti scontri sul nucleare, nonostante in
tutta la zona ci siano Paesi con armamenti nucleari, non sembra
fermare i provocatori dell'Iran. Tutto ciò viene visto
da molti Musulmani come una guerra contro l'Islam. Non può sorprendere
quindi che l'Iran decida di danneggiare l'America attraverso il
dollaro. L'Iran, così come l'Iraq, non è assolutamente
in grado di attaccarci fisicamente. Nonostante questo fatto sia
abbastanza ovvio, non ha fermato l'amministrazione nel dipingere
Saddam Hussein come una sorta di Hitler moderno pronto a conquistare
il mondo intero. E adesso, l'Iran, specialmente da quando ha iniziato
a progettare la vendita di petrolio in euro, è entrato
nella lista nera, non diversamente da quanto successe prima dell'invasione
irachena.
Tutto ciò non significa che il mantenimento della supremazia
del dollaro fosse l'unico fattore che influenzò e determinò la
seconda guerra del golfo, né sta influenzando e determinando
da sola gli agitati rapporti tra US e Iran, oggi. Nonostante le
ragioni per fare una guerra siano sempre molto complesse, sappiamo
per certo che le ragioni date prima dell'inizio della guerra irachena,
circa la presenza di armi di distruzione di massa, e le connessioni
con i fatti dell'undici settembre, erano false. La rilevanza della
questione-dollaro è ovvia, ma ciò non deve sminuire
il ruolo del progetto che, qualche anno fa, è stato fatto
dai neo-conservatori per ricostruire la geopolitica del medioriente.
L'influenza Israeliana, così come quella dei Sionisti,
ha giocato un ruolo determinante in questa guerra. La protezione
delle “nostre” forniture di petrolio ha influenzato
per decenni la politica estera americana, almeno per quanto riguarda
il medioriente.
Ma la verità è che non è più possibile
pagare i costi dell'interventismo aggressivo come si faceva un
tempo, con più tasse, più risparmio, e più lavoro
da parte dei cittadini americani. Buona parte delle spese della
prima guerra del golfo furono sopportate da alcuni dei nostri
alleati. Oggi non è più così. Oggi, più che
mai, è al dollaro stesso, alla sua egemonia come moneta
mondiale, che si richiede di finanziare l'enorme debito pubblico.
Questa guerra da 2 trilioni di dollari deve essere in un modo
o nell'altro pagata. E sarà proprio l'egemonia del dollaro
a fornire i mezzi per saldare questo debito.
Gran parte della gente non è consapevole di essere vittima
di questo fardello. La licenza di creare montagne di moneta permette
alle autorità di coprire il costo della guerra con l'inflazione
dei prezzi. I cittadini americani, così come una parte
di quelli cinesi, giapponesi e di altri Stati, subiscono l'inflazione
dei prezzi, che rappresenta proprio la “tassa” che
ripaga il costo delle nostre avventure militari. Questo accadrà sino
a quando la frode verrà scoperta, e i produttori esteri
esiteranno ad accettare dollari e detenerli a lungo come pagamento
dei beni scambiati. È stato fatto tutto il possibile per
nascondere accuratamente questo furto, per fare in modo che non
sia visibile alle masse che ne vengono danneggiate. Se i mercati
petroliferi sostituiscono l'euro al dollaro, non sarà più possibile
stampare moneta senza limiti.
importare beni reali esportando dollari deprezzati rappresenta
un vantaggio incredibile. I paesi esportatori sono diventati dipendenti
dai nostri acquisti, indispensabili per la loro crescita. Questa
dipendenza li fa entrare a far parte del gioco, li rende nostri
alleati nella prosecuzione della frode. Se questo sistema funzionasse
nel lungo periodo, gli americani potrebbero pure smettere di lavorare.
Anche noi potremo quindi goderci “panem et circenses” proprio
come facevano i romani prima che il loro oro finì e l'impossibilità di
conquistare e derubare altre nazioni portò alla caduta
dell'impero.
Salvo cambiamenti, la stessa cosa accadrà anche all'America.
Benché non occupiamo direttamente terre straniere per spillare
oro, abbiamo sparso truppe in giro per 130 stati del mondo. Il
grande sforzo di aumentare il nostro potere nelle zone petrolifere
mediorientali non è una coincidenza. A differenza del passato,
però, non dichiariamo il possesso diretto delle risorse
naturali, semplicemente continuiamo a convincerci che possiamo
comprare quello che vogliamo pagando con la nostra cartamoneta
e i paesi che si oppongono a questo processo lo fanno a loro rischio
e pericolo.
Come già detto il Parlamento ha inserito nella sua lista
nera anche l'Iran, proprio come fece con l'Iraq. Si parla di attaccare
l'Iran economicamente e militarmente, se sarà necessario.
Le ragioni sono tutte costruite falsamente, proprio come quelle
date per la sfortunata e costosa guerra irachena.
Tutto il nostro sistema economico vive in funzione dell'attuale
accordo monetario; ciò significa che è cruciale
continuare a riciclare dollari. Al momento, prendiamo a prestito
più di 700 bilioni di dollari all'anno dai nostri cari
benefattori, che lavorano sodo e ci danno beni in cambio di carta.
Prendiamo a prestito tutti i soldi che ci servono per rendere
più solido il nostro impero. La nostra strapotenza militare è diventata
la unica contropartita reale alla carta dei nostri dollari. Non
ci sono Paesi al mondo in grado di sfidare la nostra superiorità militare,
non possono fare altro che accettare la banconota che noi dichiariamo
di essere l'“oro”del XXI secolo. Ecco perché quei
paesi che provano a sfidare questo sistema – come l'Iraq,
l'Iran e il Venezuela – diventano nostri obbiettivi per
un cambio di regime.
Ironicamente, la superiorità del dollaro dipende dalla
forza militare, e la forza militare deriva dall'egemonia del dollaro.
Sino a quando le economie estere prosciugheranno tutti i nostri
dollari in cambio di beni reali e saranno contente di finanziare
i nostri pazzi consumi e le nostre avventure militariste, lo status
quo continuerà, senza riguardo a quanto grande si farà il
debito estero e il deficit di bilancio.
Sia il popolo Americano sia il parlamento sono stati facilmente
convinti sulle istanze di guerra preventiva mosse dai falchi americani.
Il numero di persone che ha iniziato ad obbiettare l'intervento è cresciuto
solo dopo che il costo umano ed economico della guerra si è fatto
impressionante.
La cosa strana è che ora che il fallimento in Iraq è apparente
alla maggior parte dell'opinione pubblica, il parlamento e i cittadini
americani iniziano a vedere di buon grado la chiamata ad un'inutile
e pericoloso confronto con l'Iran.
Ma ancora, il nostro fallimento nel trovare Osama Bin Laden e
distruggere la sua rete terroristica non ci ha dissuaso dall'invadere
l'Iraq con una guerra totalmente irrelata agli eventi del 9/11.
Il nostro comportamento e la nostra volontà di impartire
una lezione a Saddam Hussein, derivano dalla necessità di
assicurare l'utilizzo del dollaro come valuta per gli scambi petroliferi.
E puntualmente si ripresenta il bisogno urgente di sanzioni e
minacce verso l'Iran proprio nel momento in cui quel Paese ha
scelto di effettuare tutte gli scambi di petrolio in euro.
L'uso della forza per indurre le persone ad accettare una moneta
che non ha nessuna contropartita reale può funzionare solo
nel breve termine. Ma ciò conduce a una dislocazione produttiva
dell'economia, sia nazionale che internazionale, e ha sempre conseguenze
economiche sgradevoli.
Abbiamo appurato che un commercio onesto e corretto necessita
dello scambio tra beni che abbiano un valore reale; e questa legge
economica non può essere disattesa. Il caos che seguiterà dagli
esperimenti monetari condotti per 35 anni in un regime di “fiat
money” su scala globale, comporterà inevitabilmente
la ricomparsa di una moneta dal valore reale. Noi sappiamo che
quel giorno si sta avvicinando, il giorno in cui i produttori
di petrolio pretenderanno oro invece che dollari. Prima arriverà quel
giorno, meno dolenti saranno le sue conseguenze.
rif: UsemLab [http://www.usemlab.com./html/special/RonPaul_DollarHegemony.htm] |