(di Silvano Borruso)
Se la storia dev'esser maestra di vita, la discussione in
corso sul fenomeno dilagante delle valute sociali di scambio, non può portar
molto lontano se basata su dati di fatto vaghi o addirittura falsi. Volgiamo
quindi lo sguardo indietro di 70 anni, per mettere a fuoco eventi reali che
possano aiutare a evitare gli errori del passato.
Protagonista
della nostra storia è il tirolese Michael Unterguggenberger (1884-1936),
borgomastro della cittadina austriaca di Wörgl, nodo ferroviario nella provincia
del Vorarlberg. Era il luglio del 1932. In seguito a una politica globale
deflazionista mai dovutamente spiegata e falsamente attribuita al collasso della
borsa di New York di tre anni prima, la moneta scarseggiava, le intraprese
chiudevano i battenti e infuriava la disoccupazione. La cittadina di poco più di
4000 abitanti e dintorni già contava 1500 disoccupati, che inutilmente si
rivolgevano al borgomastro per aiuti che non potevano venire da nessuna
parte.
Però
il nostro, ex-meccanico e ferroviere, aveva letto, oltre che Marx e compagnia,
anche il loro antidoto: Die Natürliche Wirtschaftsordnung (Nuovo Ordine
Economico) di Silvio Gesell (1862-1930). Costui, beffandosi tanto di Marx quanto
di Adam Smith, puntava il dito su un disordine strutturale incredibilmente non
individuato durante 26 secoli. Esiste infatti una contraddizione inerente tra le
due funzioni monetarie di intermediarietà negli scambi e porta valori nello
spazio e nel tempo, ma sopratutto nello spazio. E' evidente che denaro negli
anfratti di un portafoglio o incettato in un conto di risparmio a lungo termine
non viene scambiato e viceversa. Che nessuno prima di lui se ne fosse accorto è
un mistero che non tenterò neanche di cominciare a chiarire. Il fatto è che
Gesell se ne accorse, come si accorse che questa contraddizione fosse causa
storica primaria di crisi economiche e politiche, guerre, rivoluzioni, lotte di
classe, povertà nel bel mezzo dell'abbondanza, in breve della questione sociale.
Alla
fine della Grande Guerra, nel 1918, in una lettera al giornale berlinese Zeitung
am Mittag scriveva:
Nonostante
le sacre promesse di tutte le nazioni di bandire la guerra una volta per tutte,
nonostante l'urlo delle masse "Mai più guerra", nonostante le speranze di un
futuro migliore, consti quello che dico: se il sistema monetario attuale, basato
sull'interesse semplice e composto, rimane operativo, oso predire oggi che non
passeranno 25 anni prima che venga un'altra, molto più terribile guerra. Ne vedo
lo sviluppo chiaramente. Il grado dell'attuale progresso tecnologico porterà
rapidamente a risultati industriali da record. La capitalizzazione sarà rapida
nonostante le enormi perdite belliche, e la sovraproduzione abbasserà il tasso
di interesse. Il denaro comincerà ad essere accaparrato. L'attività economica diminuirà e un
numero crescente di disoccupati vagabonderà per le strade. Come prima, si
cercherà di occupare territorio e fabbricare armi per lo scopo, giustificando
l'operazione col dovere dare lavoro ai disoccupati. Si formeranno movimenti
rivoluzionari selvaggi tra le masse scontente e fiorirà la pianta velenosa
dell'estremo nazionalismo. Le nazioni non si capiranno a vicenda e alla fine non
potrà che scoppiare un'altra guerra.
Il
borgomastro dal lungo cognome aveva vissuto in semipovertà le crisi del 1907-08
e del 1912-14, durante le quali aveva contratto la tubercolosi che lo avrebbe
portato alla tomba a 52 anni. Però conosceva il rimedio, e si mise all'opera.
Dopo un paziente lavoro di avvicinamento e di convinzione presso piccoli
impresari, negozianti e professionisti di Wörgl, il 5 luglio lesse ad alta voce
il suo programma di soccorso per ristrettezze economiche:
La
causa principale del barcollo dell'economia è la bassa velocità di circolazione
della moneta. Come intermediaria di scambi, la moneta progressivamente sparisce
dalle mani dei lavoratori. Filtra invece negli alvei dove scorre l'interesse,
finendo con l'accumularsi nelle mani di pochi, che non la riversano sul mercato
per acquistarvi beni e servizi. La trattengono invece per specularvi
su.
Il municipio emise quindi la sua moneta. La chiamò Bestätigter Arbeitswerte o Certificati di Lavoro con un valore alla pari con lo scellino ufficiale, ma con una differenza capitale: ogni certificato per 1, 5 e 10 scellini, pur mantenendo un potere d'acquisto stabile, scadeva dopo un mese dalla data di emissione, a meno di non rinnovarne la validità applicandogli su un francobollo del valore dell'1% sul nominale, acquistabile in municipio. Questo, da parte sua, avrebbe accettato i certificati in pagamento di imposte. Chi non voleva spendere, poteva mantenere il valore dei suoi certificati depositandoli in banca, a 0% interesse. Al contrario, la banca non vedeva l'ora di sbarazzarsene per non dover pagare la tassa di magazzinaggio. E se ne sbarazzava o prestando a chi voleva investire o pagando salari e servizi.
Chi poi voleva cambiare certificati in scellini ufficiali poteva farlo in qualsiasi momento, con uno sconto del 5% sul valore nominale. Così non si trattava di moneta "alternativa", ma "complementare". Nessuno era obbligato ad accettarla, neanche lo scassinatore che nottetempo trafugò moneta ufficiale lasciando intatti i certificati trovati nell'abitazione dove era penetrato. In tutto, il municipio fece stampare biglietti per un valore di 32 000 scellini, ma in pratica ne usò meno di un quarto. La circolazione raggiunse una media di 5300 scellini, cioè un irrisorio due scellini o meno a persona, che però procurarono lavoro, redditi e profitti ai cittadini di Wörgl più di quanto facessero i 150 scellini a persona emessi dalla Banca Nazionale.
Come
aveva predetto Gesell, la velocità di circolazione era l'importante: cambiando
mani circa 500 volte in 14 mesi, contro le 6-8 volte della moneta nazionale, i 5
000 scellini di certificati di Wörgl fecero muovere beni e servizi per ben due
milioni e mezzo di scellini. Il municipio, con le casse continuamente riempite
da un lato e svuotate dall'altro, construì un ponte sul fiume Inn, asfaltò
quattro strade, rinnovò le fognature e le installazioni elettriche, e si permise
anche di costruire un trampolino per salto con sci. Per avere un'idea del potere
di acquisto, basta sapere che lo stipendio del borgomastro era in quella data di
1 800 scellini mensili. Al principio alcuni ridevano, altri gridavano alla frode
o sospettavano
contraffazione. Ma vedendo che i prezzi non aumentavano, che la prosperità cresceva e che le tasse venivano pagate in anticipo e immediatamente spese per lavori e servizi pubblici, i ghigni si trasformarono ben presto in espressioni di stupore e i lazzi in voglia di imitazione. La vicina Kitzbühel, famosa stazione sciistica, aveva prima cominciato ad accettare i certificati di Wörgl, e il 1 gennaio 1933 emesso 3 000 scellini di certificati suoi propri. Circa 300 000 cittadini della provincia non vedevano l'ora di estenderne l'esperimento.
Però Mammona non dormiva. Unterguggenberger non aveva usato il nome "certificato" per niente: sapeva che se si fosse azzardato a chiamarli "moneta" sarebbe incorso nelle ire della Banca Nazionale l'indomani stesso. Nel frattempo Wörgl era diventata il centro di pellegrinaggi da parte di macroeconomisti di tutte le tendenze e colori. Tutti volevano vedere "il miracolo" della prosperità locale che sfidava la miseria e disoccupazione globali. Il 19 agosto del 1932 il Dott. Rintelen, membro del Governo, riceveva una delegazione capitanata dal borgomastro. Durante l'incontro dovette ammettere che la Banca Nazionale aveva ridotto l'emissione di moneta da una media di 1 067 milioni di scellini nel 1928 a una di 872 nel 1933. E chiaramente vide che i certificati facevano senso e che non c'era ragione per interrompere l'esperimento.
Mammona però aveva i suoi "scienziati" alla Banca Nazionale, intenti a "provare" che l'esperimento doveva essere proibito. Ecco le ragioni "scientifiche" della proibizione:
Benchè l'emissione di certificati di lavoro sembri avallata al 100% da una quantità equivalente di moneta ufficiale austriaca, le autorità sovrintendenti, cominciando dall'area amministrativa di Kufstein fino all'ufficio governativo del Tirolo, non devono permettersi di sentirsi soddisfatte. La cittadina di Wörgl ha ecceduto i suoi poteri, dato che il diritto di emettere moneta in Austria è privilegio esclusivo della Banca Nazionale, come per art. 122 del suo statuto. Wörgl ha violato quella legge.
La proibizione entrò in forza il 15 settembre 1933, però Wörgl appellò. Il 15 novembre il caso raggiunse la Corte Suprema, che manco a dirlo cassò l'appello mettendo così fine all'esperimento.
La storia di Wörgl è nota nei suoi particolari grazie a Fritz Schwartz, testimonio oculare che ne scrisse i particolari in un libro pubblicato nel 1951. Tre anni prima un esperimento meno noto, però non meno riuscito, aveva avuto luogo a Schwanenberg, in Germania. Un certo Dr Hebecker, padrone di una miniera di carbone, stava per chiudere i battenti. Disse ai suoi impiegati che aveva carbone, ma non denaro. Sarebbero stati disposti ad accettare il 90% del salario in moneta propria chiamata Wära e redimibile in carbone? Non c'era tanta scelta. Anche il Wära aveva una sua tassa di magazzinaggio che ne favoriva la circolazione rapida, ma purtroppo non ebbe un cronista come Schwartz. Quello che si sa è che Mammona, nelle vesti del Cancelliere Heinrich Brüning (1885-1970) non perdette tempo a cassare Schwanenberg e a passare decreti-legge di emergenza che ancora oggi proibiscono l'emissione di qualsiasi moneta non ufficiale. Tornarono la disoccupazione, la miseria e la fame. Nelle Bierhallen bavaresi un oscuro immigrante austriaco cominciava a farsi notare.
Si chiamava Adolf Hitler. E' impossibile affermare -o negare- che il secondo conflitto mondiale sarebbe stato evitato solo con il permettere la continuazione di Schwanenberg and Wörgl. Il dato di fatto è che furono i voti dei disoccupati a portare Hitler al potere. Non si creda che Mammona fosse all'erta solo nei due luoghi descritti. Il 24 maggio del 1933 Unterguggenberger aveva tenuto una conferenza davanti a 1000 persone in Winterthur, nella superdemocratica Svizzera. Per il 3 settembre l'Associazione per una Economia Libera lo aveva invitato a ripeterla, ma ecco che Mammona, nella veste del Procuratore di Stato, gli negò il visto di entrata. Meraviglie della libertà di espressione!
Lezioni per il presente
Tutta l'informazione di cui sopra sarebbe rimasta sepolta in libri e riviste più o meno ammuffiti se il miracolo dell'Internet non l'avesse portata all'aria libera davanti a milioni di ricettori, e per di più in tempo reale. E' un dato di fatto che l'interesse per le valute sociali è ormai globale, e inarrestabile. E' importante quindi avere idee chiare circa le ragioni dei successi e dei fallimenti del passato. I successi dei due esperimenti sono innegabili, ed è inutile ripeterli. Sono quattro le ragioni per il loro fallimento.
La ragione prima del fallimento fu l'ostilità aperta di Mammona, sulla quale vale la pena soffermarsi.
La
Grande Guerra aveva tolto tutte le illusioni che potessero esser rimaste circa
il sistema aureo, col suo preteso collegamento tra la moneta e i metalli
preziosi. Mammona forzò il ritorno al sistema aureo nel 1925, causando il grande
sciopero generale
del
1926 e l'abbandono del sistema da parte della Gran Bretagna, seguita da un paese
dopo l'altro.
Come Gesell aveva predetto per fine e per segno, era
questione di tempo prima che scoppiasse un'altra guerra, e così
fu.
A
Bretton Woods si arrivò dopo lunghe trattative a un accordo, che non fece che
sostituire il dollaro USA all'oro, forzandone l'uso come valuta di riserva. Per
evitare una nuova crisi, John Maynard Keynes (1883-1946) escogitò il sistema di
spesa deficitaria come stimolante dell'economia. A breve termine la cosa
funzionò, ma c'era già chi gli chiedeva cosa sarebbe
successo a lungo termine. Da buon economista, Keynes rispose evasivamente:
"A
lungo termine saremo tutti morti". Certo. Però a 60 anni di distanza non c'è
bisogno di esser un genio per accorgersi del danno enorme che la svalutazione
furtiva della moneta continua a causare: il dollaro USA compra oggi quello che
compravano 10 centesimi mezzo secolo fa, e il franco svizzero, che si vanta di
essere la moneta più stabile del mondo, compra quello che compravano 20
centesimi. E' vero che de mortuis nil nisi bonum, però è difficile esonerare
l'uomo col pretenderne l'ignoranza. I lettori possono servirsi dei seguenti due
dati di fatto. Keynes aveva letto Gesell, tanto da citarlo nella sua Teoria
Generale come segue:
"Il
futuro apprenderà più dallo spirito di Gesell che da quello di
Marx".
Non si sa se a Bretton Woods ne avesse proposto anche la teoria o no.Keynes otteneva un reddito personale non disprezzabile con la speculazione. Lo faceva prima di colazione, con un paio di telefonate ai suoi agenti di cambio.Nonostante ciò, ha avuto il merito di prolungare l'intervallo tra una crisi e l'altra da 20-25 a 60-? anni. Siamo quindi al lumicino, e sembra urgente entrare in azione. Mammona ebbe ragione su Hebecker e Unterguggenberger semplicemente perché non esisteva Internet. Oggi basterebbe che le forze esistenti in favore delle valute sociali attuino contemporaneamente, senza neanche bisogno di farlo in maniera uniforme, per sconfiggere Mammona riducendolo da padrone a servo dell'economia.
La seconda ragione del fallimento fu (meglio, sarebbe stata) l'1% mensile di commissione di magazzinaggio, ammontante al 12% annuale. Gesell aveva proposto un 5,2% annuale, cioè l'uno per mille per settimana. Gli uomini d'affari di Wörgl accettarono la cifra a malincuore proprio perchè non esisteva un'alternativa. Il fattore critico è il giusto mezzo tra il rigetto completo, che occorrerebbe con una percentuale di poco più del 12%, e la tentazione di accaparrare, che occorrerebbe con una percentuale di meno del 3%. Qui sono opportune due considerazioni.
Una: l'imposta di magazzinaggio è caratteristica essenziale per il successo di una valuta sociale. Dove questa non si è applicata, il sistema ha funzionato a termine corto, per illanguidirsi e morire a lungo termine.
Due: il fallimento del sistema fu clamoroso negli Stati Uniti, colà esportato dall'insigne (?) economista Prof. Irving Fisher (1867-1947). Costui propose un mostruoso 2% per settimana, o 104% annuale. Il rigetto fu quindi istantaneo e totale. Se lo fece per ignoranza o apposta per gettar discredito sul sistema non ci è dato saperlo. Ciò che si sa è che il presidente Roosevelt non tardò molto a seguire la scia di Brüning nel proibire valute sociali anche negli USA.
La terza ragione fu l'aver fissato il valore dei certificati a quello dello scellino ufficiale. Perchè una moneta abbia potere d'acquisto costante, è necessario che abbia anche misura di valore costante. I certificati di Wörgl non l'avevano. Questo valore potrebbe essere quello del potere d'acquisto conosciuto di una certa moneta nel tempo (il dollaro del 1970 ecc.) o un indice di prezzi di un certo numero di prodotti base o di oggetti di prima necessità, ecc. Il che vuol dire che una data valuta sociale vedrebbe la moneta ufficiale progressivamente svalutarsi rispetto ad essa: gradualmente in tempi ordinari, catastroficamente in tempo di crisi.
La quarta e ultima ragione fu il tempo di attuazione. Il luglio del 1932 era già tardi. La disoccupazione scese, ma non del 100%. Le piccole industrie già chiuse non riaprirono: solo quelle che erano ancora aperte ebbero nuove prospettive di vita, ridando lavoro al 25% dei disoccupati. Ecco perchè sarebbe bene non aspettare il collasso del sistema prima di varare un progetto di valuta sociale. In fine si dica una volta per tutte che la ragione ultima -e centrale- per progetti di questo tipo è risolvere la questione sociale con uno strumento pacifico e alla portata del popolo senza interventi burocratici di alcun tipo.
E'
questione di mettere la fionda di David nelle mani di chi può capire.
Chi
vivrà, vedrà.
Bibliografia
Bernard Lietaer: The Future of Money. Century, London
2001