Per
l’Europa dei Popoli, e non quella dei banchieri (martedì 29 giugno 2004)
Per
l’Europa dei Popoli, e non quella dei banchieri Ca ira Ca ira Ca ira
(di
Giacinto Auriti)
“L’Europa
dei banchieri contro la Costituzione”:
esattamente
con questo titolo (cfr. Il Tempo, 22 giugno 2004, p.7) o, con titoli analoghi,
la grande stampa ha dato la notizia sconvolgente che è iniziata la fase
conclusiva della Rivoluzione Francese.
Noi
l’avevamo già preannunciata su Abruzzopress (3 giugno ’04, n.180) con queste testuali
parole:
“Lo
Stato di diritto ha considerato nel proprio ordine costituzionale, solo i tre
poteri: legislativo, giurisdizionale ed esecutivo. Il quarto potere della
sovranità monetaria se lo sono fagocitato, nel silenzio, le banche centrali,
S.p.A con scopo di lucro… ecco perché dobbiamo completare la Rivoluzione
Francese: la sovranità monetaria va attribuita allo Stato – come Quarto Potere
Costituzionale – e tolta alla banca centrale. Non è più tollerabile che, in uno
Stato di diritto, la funzione costituzionale della sovranità monetaria sia
esercitata da una S.p.A. con scopo di lucro... L’urlo del Ca ira deve tornare
sulle piazze, davanti alle sedi delle banche centrali e nei Tribunali. Ci
dobbiamo riprendere la proprietà dei soldi nostri.”
Quando la governance economica programma “maggiori poteri alla Commissione nella sorveglianza dei conti pubblici…” pone necessariamente un conflitto di interessi tra la volontà del Padrone (la banca centrale) e quella dei camerieri (i governi).
Ha
denunciato esplicitamente l’eventualità di questo conflitto Mario Borghezio:
“Questa
è una costituzione per l’Europa dei banchieri. Noi combattiamo invece per
l’Europa dei Popoli…”
La
diagnosi è esatta. Manca la terapia. Si impone la necessità di uscire dalle
formule approssimative e generiche per proporre:
1)
l’attribuzione allo
Stato della sovranità monetaria come quarto potere costituzionale;
2)
la proprietà della
moneta al Popolo come reddito di cittadinanza;
3)
l’emissione di moneta
senza riserva, di proprietà del portatore, come oggetto di diritto sociale (a
norma del 2° co. dell’art. 42 della Costituzione Italiana);
4)
poiché il mercato è
saturo sia di beni che di moneta quando i prezzi coincidono con i costi di
produzione, solo quando questa coincidenza si verifica, va sospesa sia la
produzione dei beni che l’emissione di moneta in attuazione del quarto potere
costituzionale della sovranità monetaria;
5)
va costituito il
Ministero per il risarcimento dei danni da usura (come i danni di guerra);
6)
va sancita, con
provvedimento di urgenza la moratoria dei debiti bancari e fiscali, perché
basati sull’illecito del debito da signoraggio che ha trasformato il portatore
da proprietario in debitore della propria moneta;
7)
dichiarata la moneta
di proprietà dei cittadini, lo Stato deve trattenere all’origine, all’atto
dell’emissione, quanto necessario per esigenze di pubblica utilità, eliminando
il 100% dei prelievi fiscali. Questi fondamentali principi normativi si
desumono dalla definizione del valore come rapporto tra fasi di tempo e
conseguentemente del valore monetario come valore indotto. Solo su questi
principi la governance economica proposta nel patto costituzionale europeo
potrà realizzare l’Europa dei Popoli. Altrimenti si continuerà nella tradizione
dei camerieri dei banchieri in cui la sovranità monetaria è retta dalla banca
centrale, S.p.A. con scopo di lucro. L’urlo del Ca ira deve tornare per
scrivere la pagina conclusiva della Rivoluzione Francese. Ci dobbiamo
riprendere la proprietà dei soldi nostri.
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I
politici camerieri dei banchieri: perché? (martedì 8 giugno 2004)
I
politici camerieri dei banchieri: perché? Giacinto Auriti
Vi
sono delle parole che hanno un tal peso specifico che ci costringono
addirittura a rileggere la storia.
Quando
Ezra Pound riecheggia il famoso messaggio concepito dal colonnello Jefferson:
“I
politici sono camerieri dei banchieri” ci costringe innanzitutto a prenderne
atto, in secondo luogo ad evidenziarne le cause. La ragione di questa clamorosa
verità sta nel fatto che la Rivoluzione Francese non si è fermata “alla meta”
(secondo la abituale regola), ma ai “tre quarti”. Lo stato di diritto ha
considerato, infatti, nel proprio ordine costituzionale, solo i tre poteri:
legislativo, giurisdizionale ed esecutivo.
Il
quarto potere della sovranità monetaria se lo sono fagocitato nel silenzio le
banche centrali, S.p.A. con scopo di lucro. Poiché – come insegna l’antica
saggezza marchigiana – “li quatrì fa piove l’acqua pe l’in su” (“i soldi fanno
piovere l’acqua in salita”) ci si spiega perché le lobbies bancarie hanno
assunto il comando di tutti gli stati costituzionali. (1) Tutti gli storici
hanno interpretato i tempi dello stato di diritto come una forma di progresso,
addirittura come una conquista di civiltà irrinunciabile spacciando per
democrazia, l’usurocrazia.
Nessuno
ha avvertito la grave decadenza causata dal fatto che il portatore della moneta
era stato surrettiziamente trasformato in debitore dei propri soldi. Ecco
perché dobbiamo completare la Rivoluzione Francese: La Sovranità Monetaria va
attribuita allo Stato – come Quarto Potere costituzionale – e tolta alla banca
centrale. Non è più tollerabile che, in un c.d. stato di diritto, la funzione
costituzionale della sovranità monetaria sia esercitata de una S.p.A. con scopo
di lucro.
Non
è vero che lo stato costituzionale rappresenti un progresso rispetto alle
monarchie cattoliche della Vecchia Europa. I re avevano tutti la sovranità
monetaria perché battevano moneta e nessuno poteva essere “cameriere del
banchiere”. Sono diventati camerieri solo quando hanno accettato in prestito
dalle banche centrali S.p.A. la moneta-debito (c.d. nominale).
L’urlo
del “Ca ira” deve tornare sulle piazze, davanti alle sedi della banche centrali
e nei Tribunali. Ci dobbiamo riprendere la proprietà dei soldi nostri.
(1)
Recentemente, come in Italia, anche la Germania ha eletto alla presidenza della
Repubblica un autorevole banchiere.
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La
rarità monetaria vista dall’usuraio e dal contadino (domenica 4 aprile 2004)
(di
Giacinto Auriti)
Un
errore strategico le riduzioni fiscali proposte da Pedro Solbes sul Corriere
della Sera.
La
rarità monetaria vista dall’usuraio e dal contadino Giacinto Auriti.
Pedro
Solbes (Commissario uscente dell’UE) ha detto che “in generale le riduzioni
fiscali vanno coperte con tagli di spesa, senza peggiorare la situazione del
deficit e del debito” (Corriere della Sera, 2-4-’04, p.3). Ha proposto così,
all’attenzione dell’Europa, un errore strategico, col falso problema della
ingiustificata salvaguardia della rarità monetaria. E si sa che gli errori
strategici sono i più deleteri perché portatori di morte.
Poiché
ogni unità di misura deve avere la qualità corrispondente a quella dell’oggetto
misurato, come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la
lunghezza, la moneta deve essere rara perché sono rari, c.d. “economici”, i
beni di cui misura il valore. Il problema della rarità monetaria
incontrollabile, esisteva quando la moneta era d’oro o convertibile in oro
perché la rarità dell’oro era condizionata dalla legge fisica della sua
esistenza e dall’alto costo di produzione del metallo a caratura programmata.
Con
l’abolizione della convertibilità e della stessa riserva (fine degli Accordi di
Bretton Woods, 15 agosto 1971) la rarità monetaria non è più condizionata da
leggi fisiche, ma programmata, a costo nullo, dalla banca centrale (che
stabilisce la quantità ed i tempi dell’emissione monetaria in prestito e/o il
ritiro di liquidità dal mercato con i prelievi fiscali ed il saldo dei
crediti). Poiché il potere d’acquisto della moneta è condizionata dalla legge della
rarità, si impone la necessità di stabilire se è la rarità della moneta che
deve essere condizionata dalla rarità dei beni, o se è la rarità dei beni che
deve essere condizionata dalla rarità della moneta. Per rispondere a questo
quesito è opportuno portare un esempio elementare.
Quando
voi andate a comprare un paio di scarpe commisurate i piedi alle scarpe o le
scarpe ai piedi? L’usuraio pretende di imporre scarpe strette e quindi, se
necessario, tagliare i piedi come propone il Governo Berlusconi: “…E per far
cassa il governo studia il taglio degli aiuti alle imprese”(!!!) (cfr. Corriere
della Sera, 2 Aprile ’04, p.3).
Mentre
l’usuraio vuole controllare piedi, più grossi possibili, con le scarpe più
strette possibili, per aumentare il più possibile il contenuto podologico delle
scarpe – cioè il potere d’acquisto della moneta – il contadino, giustamente,
pretende scarpe comode a giusta misura dei piedi il che significa adeguare la
rarità della moneta alla rarità dei beni ed agli incrementi produttivi e non
viceversa. In queste circostanze abbiamo la possibilità di giudicare tutti:
governi, ministri, magistrati, sindacati ecc. per distinguere chi sta dalla
parte dell’usuraio e chi dalla parte del contadino.
Merita
di essere citato in proposito un fondamentale insegnamento di Ezra Pound:
“Dire
che uno stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come
dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri”.
Emerge
comunque la necessità di sostituire alla banca centrale la funzione monetaria
come quarto potere costituzionale dello stato. Come si sa, la banca centrale è
una S.p.A con scopo di lucro e quando si pretende di gestire la sovranità
monetaria con scopo di lucro, si cade necessariamente nella logica dell’usuraio
e del calzolaio che promuove la politica delle “scarpe strette”. Su questa
linea, purtroppo, sono tutti unanimemente d’accordo.
L’unica
differenza che distingue Berlusconi, Fini, Tremonti, Maroni, Solbes e l’U.E.
sta solo nello stabilire il grado di “strettezza delle scarpe”. Speriamo che ci
consentano di camminare, sia pure zoppicando.
NB
- L’argomento della “rarità e sovranità monetaria” sarà trattato nel Convegno
del Sindacato Antiusura SAUS, alle ore 9,30 del 18 Aprile ’04, al Cinema
Tiziano, v. Guido Reni 2 – Roma. a http://www.abruzzopress.it/newsletter.htm
Come
liberare il Continente dal signoraggio della grande usura (martedì 13 aprile
2004)
Una proposta al Ministro Tremonti per una Democrazia integrale Come liberare il Continente dal signoraggio della grande usura (di Giacinto Auriti)
Con
la sostituzione della moneta nominale alla moneta d’oro, non è cambiata
solamente la struttura merceologica e giuridica del simbolo, ma anche la legge
della rarità. Che la moneta debba essere necessariamente rara, emerge dalla
caratteristica propria di ogni unità di misura che deve avere la qualità
corrispondente a quella dell’oggetto misurato. La moneta è rara perché sono
rari (economici) i beni di cui misura il valore. Ciò premesso è evidente che è
la rarità della moneta che deve essere condizionata dalla rarità dei beni e non
viceversa. Quando Pedro Solbes contesta all’Italia il diritto di superare il 3%
del deficit pubblico sul PIL (prodotto interno lordo) pretende di condizionare
gli incrementi produttivi alla rarità monetaria. Questo episodio è la prova che
alla legge fisica della rarità dell’oro, si è sostituito l’arbitrio bancario
che ha voluto ed imposto il limite del 3% suddetto.
L’usuraio
ha interesse a condizionare la rarità del PIL alla rarità della moneta, perché
ha la proprietà della moneta – il c.d. signoraggio – sin dall’emissione, oltre
all’equivalente credito per averla emessa, a costo nullo, prestandola. Quando
il Ministro Tremonti reagisce alla minaccia di “early worning” (primo avviso)
parlando di ”procedura atipica” senza precedenti, da la prova che l’arbitrio
dell’usura domina la sovranità monetaria.
E
le parole di un Ministro non sono sufficienti a fermarla.
Si
impone pertanto la necessità di instaurare la “funzione monetaria come quarto
potere costituzionale dello stato”. Poiché il Trattato di Maastricht considera
solo la fase dell’emissione, al quarto potere dello Stato vanno attribuite
tutte le altre competenze che sono:
a)
la programmazione del
PIL al quale vanno adeguati gli incrementi monetari,
b)
l’accettazione della
moneta che teoricamente potrebbe essere rifiutata se non adeguata alle esigenze
sociali ed agli incrementi produttivi,
c)
l’acquisto a titolo
originario della proprietà della moneta a favore dei cittadini europei come “reddito
di cittadinanza, proprietà del portatore, senza riserva”,
d)
l’interpretazione
dell’art.107 del T.d.M. nel senso di condizionare gli incrementi di liquidità
monetaria agli incrementi produttivi e non viceversa,
e)
poiché la proprietà
della moneta va attribuita a chi ne crea il valore accettandola, va
esplicitamente esclusa la possibilità che la Banca Centrale Europea emetta
moneta prestandola perché, in tal caso, gli Stati Europei sarebbero espropriati
ed indebitati del proprio denaro senza corrispettivo,
f)
il riconoscimento del
principio che il valore dell’Euro nasca, all’atto dell’accettazione ed a causa
dell’accettazione (e senza riserva), di proprietà del portatore, emerge anche
dalla eliminazione della dichiarazione cartolare tradizionale: “pagabile a
vista… f.to Il Governatore della banca centrale”, che sull’Euro non appare più.
Su
queste premesse proponiamo al Ministro Tremonti di promuovere l’instaurazione
della funzione monetaria come quarto potere costituzionale in tutti gli Stati
Europei, in sostituzione delle rispettive banche centrali nazionali e che sia
sostituita alla B.C.E. il quarto potere costituzionale dell’U.E. come prova
storica della liberazione continentale dal signoraggio della grande usura: e
dell’avvento di una democrazia integrale in cui i Popoli Europei non abbiano
solo la sovranità politica, ma anche quella monetaria..
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Con
lo Stato costituzionale l’ammontare dei debiti ha superato quello della moneta
(sabato 17 aprile 2004)
Con lo Stato
costituzionale l’ammontare dei debiti ha superato quello della moneta
(di Giacinto Auriti)
Gli interpreti della storia
moderna credono che lo stato di diritto sia un segno di progresso. Nessuno,
dico “nessuno” si è accorto che con l’avvento della carta costituzionale, lo
stato ha perso il quarto potere della sovranità monetaria che è stata assunta
da una società privata: la banca centrale S.p.A con scopo di lucro.
La più grande truffa della storia
si è realizzata infatti con la politica dei piccoli passi.
La Banca d’Inghilterra nel
1694 ha emesso la sterlina-carta convertibile in oro, a richiesta del
portatore. In questa prima fase, la banca poteva affermare di essere
proprietaria della moneta in quanto proprietaria della riserva e quindi era
legittimata ad emettere la moneta prestandola.
Tutte le banche centrali
hanno seguito l’esempio della Banca d’Inghilterra ed hanno continuato ad
emettere moneta prestandola anche dopo l’abolizione della convertibilità e
della stessa riserva (15 agosto 1971 data della estinzione degli Accordi di
Bretton Woods) facendo nascere con l’oro-carta il signoraggio bancario, con cui
la banca espropria ed indebita i popoli dei valori monetari con un costo iniziale
del denaro del 200% oltre gli interessi.
La moneta è stata così
trasformata da titolo di credito in titolo di valore convenzionale (analogo al
francobollo di antiquariato), con rarità programmata e non più condizionata
dalla rarità dell’oro.
Con l’oro-carta e la
programmazione della rarità, l’ammontare del debito nasce per un ammontare pari
al doppio della moneta emessa ossia nel rapporto di 200 a 100.
I popoli che creano senza
costo il valore della moneta per il solo fatto che l’accettano come misura del
valore e valore della misura, invece di vedere duplicata, con la propria
moneta, la propria ricchezza, sono precipitati nell’angoscia dell’insolvenza
ineluttabile. Con l’avvento delle banche centrali, la sovranità politica è
stata privata surrettiziamente della sovranità monetaria trasformata, dalle
banche centrali, nella pianificazione dei debiti non dovuti. L’usurocrazia è
nata così come privilegio di creare a proprio favore la rendita parassitaria di
signoraggio con la raffinata tecnica della truffa che ha trasformato i popoli
da proprietari in debitori del proprio denaro.
Con l’avvento
trionfalistico dello stato di diritto e della banca centrale si sono vissuti
solo tempi in cui comandano i banchieri. La definizione data da Ezra Pound per
cui i governi sono “camerieri dei banchieri” ci fa capire perché, con lo stato
di diritto, è giunta l’epidemia del suicidio per debiti non dovuti in cui “i
vivi invidiano i morti” in conformità della profezia della Madonna a Fatima.
Ecco perché si impone la necessità storica di attivare il quarto potere
costituzionale dello stato, per cui la sovranità monetaria spetta allo stato,
ed al popolo la proprietà della moneta come reddito di cittadinanza Se non si
sostituirà alla moneta nominale, debito del portatore e proprietà della banca,
la moneta reale, proprietà del portatore e debito della banca, le nuove
generazioni, con l’arbitraria pianificazione dei debiti non dovuti e della
rarità monetaria, non avranno altra scelta che quella tra il suicidio e la
disperazione.
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Anemia
monetaria. Peggio della peste (giovedì 29 aprile 2004)
Anemia
monetaria. Peggio della peste (di
Giacinto Auriti)
“…
nonostante i protesti ed i furbi che non pagano, il titolo di credito resta il
mezzo di pagamento più usato… sarà perché lo cheque si può postdatare (pratica
illegale, ma diffuso escamotage per ritardare le scadenze)…”
Con
queste parole Fabio di Chio (Il Tempo, Roma, 24–4-‘4, p.29) ha dimostrato di
saper individuare i sintomi dell’insolvenza, ma non le cause. Pretendere
infatti di addossare, alla “furbizia” dei debitori, l’esplosione
dell’insolvenza, significa non solo ignorare la vera causa dell’anemia
moneraria, ma condannare come responsabile, la vittima del signoraggio delle
banche centrali. Sono queste che, prestando il dovuto all’atto dell’emissione
con interessi, anatocismo ed accessori, caricano il costo del denaro del 260% e
rendono impossibile la puntualità dei pagamenti.
Il
suicidio da insolvenza è diventata una malattia sociale, che non ha precedenti
nella storia, perché il debitore, pur essendo vittima, viene umiliato come se
fosse il responsabile: il “furbo che non paga”. Quando la moneta era d’oro o
convertibile in oro, la rarità era incontrollabile perché condizionata dalla
legge fisica della disponibilità del metallo. Malgrado l’abolizione della
convertibilità e della riserva, l’opinione pubblica crede ancora nella
necessità di una limitazione rigida ed esasperata della rarità monetaria, su
cui specula il signoraggio delle banche centrali, che ormai dominano, a costo
nullo, quantitativi illimitati di moneta che emettono o ritirano
arbitrariamente in tutto il mondo.
La
moneta è il sangue del mercato. Ormai ci siamo abituati a vivere in regime di
anemia cronica sin dalla nascita della moneta nominale dominata dall’usura
perché emessa in prestito, con parsimonia feroce, dai padroni delle banche
centrali. Ecco perché si impone la assoluta , inderogabile necessità di una
pacifica rivoluzione monetaria basata sulla proprietà popolare della moneta,
cioè sulla moneta proprietà del portatore sin dall’emissione e senza riserva.
Dopo
la scoperta del valore indotto, anche la moneta può essere regolamentata
secondo giustizia. Come l’aumento della quantità di sangue nel bambino, si
adegua, per legge di natura, all’aumento della massa muscolare ed ossea, cosi
l’incremento del sangue monetario va adeguato all’incremento del PIL (prodotto
interno lordo), nel rispetto della stabilità dei prezzi di mercato. Con il
pretesto di difendere la moneta dall’inflazione, si aumentano il costo del
denaro ed i prelievi fiscali. Questo pretesto serve a coprire il vero scopo del
prelievo che consiste nel pagare alla banca centrale il debito non dovuto – che
è peraltro un credito rovesciato – nato col prestito del denaro all’atto
dell’emissione. All’arbitraria difesa dall’inflazione – in cui la rarefazione
monetaria è apoditticamente programmata per aumentare il potere d’acquisto
attuale rispetto a quello precedente ossia commisurando la moneta a se stessa –
va sostituita la legge dell’incremento della liquidità monetaria secondo
giustizia.
Il
limite dell’emissione deve coincidere con la saturazione del mercato. Ciò
significa che l’emissione monetaria e la produzione dei beni devono cessare
contestualmente solo quando i prezzi coincidono con i costi di produzione.
Questa politica mira a ridurre il più possibile la rarità , sia dei beni che
della moneta, perché anche la moneta è un bene ed è incompatibile con la
politica dell’usura che pretende di subordinare alla rarità della moneta la
rarità dei beni.
La
politica dell’abbondanza può essere realizzata solo se si sostituisce alle
banche centrali (S.p.A. con scopo di lucro) la funzione monetaria come quarto
potere costituzionale dello stato.. Solo così lo stato di diritto potrà essere
anche Stato di giustizia” che consenta di vivere tempi nuovi a dimensione umana
in cui tutti possono prestare moneta, tranne chi la emette.
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I
casi Andreotti, Ciampi, Fazio, Duysemberg & C. (sabato 7 dicembre 2002)
di
Giacinto Auriti
Il
caso Andreotti ha sconvolto il mondo politico è la pubblica opinione
scandalizzati per argomenti di cui vogliamo tacere, per non dire inutilmente
ciò che è stato già detto e ripetuto. Anche noi siamo rimasti sconvolti, ma per
motivi completamente diversi. Andreotti è accusato infatti dell’omicidio di una
persona sola. I governatori delle banche centrali, per il solo fatto che
emettono il denaro prestandolo e senza riserva, caricano il costo del denaro,
all’atto dell’emissione del 200%.
In
tal modo espropriano ed indebitano le collettività nazionali del proprio denaro
nella più grande truffa di tutti i tempi che causa due fenomeni delittuosi di
dimensioni gigantesche: il suicidio da insolvenza che non ha precedenti nella
storia (col costo del denaro al 200% la puntualità dei pagamenti è impossibile)
ed i cinquanta milioni di morti di fame ogni anno. La fame uccide non per
mancanza di pane (come è dimostrato dalla ciclica distruzione delle eccedenze
di prodotti agricoli) ma del denaro per comprarlo. Quando la moneta era d’oro
la rarità era rigida ed incontrollabile. Oggi, abolita la riserva come limite
dell’emissione, la rarità è programmata, dietro gli sportelli delle banche
centrali, con la parsimonia feroce dei grandi usurai.
Ma
ciò che sconvolge ancora di più è il fatto che mentre il delitto contestato ad
Andreotti basa su “prove” – come tali incerte e comunque contestabili – questi
delitti di dimensioni mondiali commessi dai grandi usurai governatori delle
banche centrali, basano su fatti notori che, come tali, per assumere rilevanza
giuridica non necessitano né di prove, né di accertamento giudiziale. Quando
Andreotti fu messo sotto processo, il Procuratore della Repubblica disse
testualmente che era doveroso perché, essendo accertato l’elemento materiale
del reato, il giudizio sulla sussistenza del dolo era competenza del Tribunale.
Ebbene
noi, in data 8 marzo 1993 abbiamo denunciato il Governatore Ciampi, pro tempore
della Banca d’Italia e successivamente, il Governatore Fazio, per i reati di
truffa, associazione a delinquere, falso in bilancio, usura, istigazione al
suicidio ed abbiamo denunciato per truffa il governatore della Banca Centrale
Europea Wim Duysemberg (con atto depositato il 10 ottobre 2002 presso la
Caserma dei Carabinieri di Guardiagrele), adducendo nella motivazione
dell’esposto solo “fatti notori”.
Di
fronte al notorio il magistrato ha il dovere di promuovere azione penale e se
non lo fa è responsabile di omissione di atto d’ufficio. Dopo il caso Andreotti
e le denuncie da noi proposte contro i governatori delle banche centrali, se
non si promuove azione penale da parte della magistratura competente per i
fatti notori esposti, è inutile parlare di “stato di diritto” perché si avrebbe
la prova inconfutabile che non è vero che la legge è uguale per tutti. A
confronto dei grandi usurai, l’on. Giulio Andreotti, (anche se fosse provato il
reato ascrittogli), sarebbe paragonabile ad una “educanda di collegio”.
Se
si dovesse infatti determinare l’ammontare della pena per ogni governatore di
banca centrale – come per Andreotti – moltiplicando il numero dei morti (le
migliaia di suicidi da insolvenza e le centinaia di milioni di morti di fame)
per 24 anni di carcere, sarebbero necessari quintali di carta per trascrivere
in ogni sentenza l’espressione numerica dell’ammontare degli anni di carcere da
comminare ad ogni governatore, sicché la condanna all’ergastolo (tenuto conto
della durata media della vita) dovrebbe essere considerata come una “riduzione
della pena”.
Il
Paese dell’utopia. La risposta alle cinque domande di Ezra Pound (sabato 7
dicembre 2002)
“Il
Paese dell’utopia”
(di
Giacinto Auriti)
La
risposta alle cinque domande di Ezra Pound (Editrice Tabula Fati, Chieti)
“Sono
un contadino che ha fatto per hobby il professore d’università” Ezra Loomis
Pound (Hailey, Idaho1885 - Venezia 1972) e Giacinto Auriti (Guardiagrele 1923).
Il
Poeta e il Giurista contadino.
L’americano
– che sceglie l’Italia come patria di adozione – e l’italiano d’Abruzzo.
Personaggi
apparentemente diversi, per origine e cultura, ma uniti da un legame
indissolubile: la ricerca della verità a tutti i costi.
Ezra
Pound, il Poeta americano affascinato dalla cultura europea, dal Medio Evo di
“Padre Dante”, in cui scopre una realtà universale da cui trarrà l’ispirazione
per i “Canti Pisani” (poema che scrive durante la sua prigionia nel campo di
concentramento americano di Coltano, in provincia di Pisa, ove venne rinchiuso
in una gabbia). È il prezzo che gli fu imposto di pagare proprio per aver amato
l’Italia e osservato con interesse il risveglio dell’Europa. Il Poeta sentiva
l’esigenza di un rinnovamento che non si limitasse ad una sterile esercitazione
retorica di gioventù, ma che costituisse le basi di una vita vissuta e non
vegetata: quindi pulizia interiore, eliminazione dei falsi miti delle ideologie
surrogati degli ideali.
Giacinto
Auriti, elabora una nuova teoria filosofica sul giudizio di valore “come
rapporto tra fasi di tempo” che lo condurrà alla scoperta del “valore indotto”
della moneta. I due personaggi, che non si sono mai incontrati, sono uniti da
una profezia contenuta nei versi 101-102 dell’Inferno, ove il Poeta, dopo aver
parlato della lupa che gli aveva impedito il cammino, annunciava la venuta di
un Veltro «che la farà morir con doglia». La “lupa” per Pound è l’usurocrazia,
contro la quale lotta per una nuova concezione di vita.
“Lavoro
ed usura” è il titolo di una raccolta di saggi scritti dopo la seconda guerra
mondiale; sul frontespizio si legge:
«Bellum
cano perenne, tra l’usura e l’uomo che vuol fare un buon lavoro».
Pound
ha capito che la moneta non è una merce ma l’espressione di un accordo, di una
convenzione, per cui il credito deve essere affidato non già alle banche ma
allo Stato, che lo garantisce con l’onestà ed il lavoro dei suoi cittadini.
«Il
tesoro di una nazione è la sua onestà» scrive, e nei “Cantos”, in cui (Canto
XLV) esprime il suo pensiero nella poesia “Contra usura”:
«Con
usura nessuno ha una solida casa / di pietra squadrata e liscia / per
istoriarne la facciata, / (…) / Carogne crapulano / ospiti d’usura.»
Ezra
Pound pone cinque domande alle quali non aveva mai risposto nessuno: moneta,
credito, circolazione, interesse, usura;
Giacinto
Auriti dà, in questo saggio, risposte precise. Una continuità ideale che li
unisce nella scuola degli economisti eretici.
“Chi
crea il valore della moneta, dice Giacinto Auriti, non è chi la stampa ma il
popolo che l’accetta come mezzo di pagamento”, sono però i banchieri, i grandi
usurai, che si appropriano del valore monetario, usandolo come strumento di
dominazione ed imponendo all’umanità il signoraggio del debito. Ed ecco allora
la geniale soluzione del problema: La proprietà popolare della moneta, che
restituisca al popolo il maltolto dei valori monetari che esso crea. L’auspicio
è che siano i governi a gestire l’emissione monetaria ed a ripartire gli utili,
come diritto di cittadinanza, a tutti i cittadini. I due studiosi, il Poeta
americano, nato da genitori quaccheri e puritani, e il Giurista abruzzese,
tradizionalista e cattolico, sono entrambi gratuitamente osteggiati dal
culturame di moda, plagiato nell’accezione mistificante dei signori dell’usura.
Ezra
Pound, a nostro parere, non si distacca mai sentimentalmente dall’America
contadina. Ma è affascinato dalla forza creativa ed innovatrice della guerra
del sangue contro l’oro, che crea nuove fiorenti città ove prima allignava
malaria, pestilenza e morte. Tra i tanti cultori delle teorie di Auriti vi sono
anche uomini di sinistra, che in virtù di quelle teorie cominciano a sperare in
un avvenire affrancato dal signoraggio della grande usura. Come lo stesso
Auriti ricorda, in Lavoro e usura Pound scrive:
“Il
dieci settembre scorso passai lungo la via Salaria oltre Fara Sabina e dentro
un certo tempo entrai nella Repubblica dell’Utopia, un paese placido giacente
fuori dalla geografia presente.”
In
nota Pound soggiunge: “Io avevo scritto: Utopia, un paese placido giacente
ottantanni a est di Fara Sabina”. Poiché in questa frase coincidono una
dimensione spaziale ed una temporale, va posto in evidenza che ad est di Fara
Sabina è nato, a Guardiagrele, il SIMEC, definito dai monetaristi come moneta
poundiana, proprietà del portatore (e non della banca), ottantanni dopo la
nascita del Fascismo (1921-22). E Guardiagrele sta ad est di Fara Sabina. La
profezia di Pound si è puntualmente verificata. Potrebbe essere il segnale
della rivincita del sangue contro l’oro. A margine del simec è riportata
un’antica frase della saggezza abruzzese:
“Non
bene pro toto libertas venditur auro”
(Non
bene vendersi la libertà per tutto l’oro del mondo)
che
riecheggia l’insegnamento di Pound: “Il tesoro di un popolo è la sua onestà”.
Si può cominciare a sperare… Marino Solfanelli (dalla prefazione)
----------------- Giacinto Auriti IL PAESE DELL’UTOPIA La risposta alle cinque
domande di Ezra Pound Prefazione di Marino Solfanelli Pagg. 96 - € 6,00
(ISBN-88-87220-36-0)
Un “esposto – denuncia” dell’Avv. Prof. Giacinto Auriti, Segretario del Sindacato Antiusura
(sabato
7 dicembre 2002)
La Banca Centrale Europea non ha diritto al signoraggio sull’euro
«La Banca Centrale Europea non ha diritto di signoraggio sull’euro, sia perché il Trattato di Maastricht considera solo la fase dell’emissione ed ignora il regime della proprietà della moneta, sia perché l’euro manca di riserva.»
È
quanto sostiene l’Avv. Prof. Giacinto Auriti, Segretario Generale del SAUS,
Sindacato Antiusura, in un “esposto - denuncia” al Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Chieti, depositato in data 10 Ottobre ’02, presso la
Stazione dei Carabinieri di Guardiagrele, assistito dallo Studio Legale
dell’Avv. Antonio Pimpini.
«Infatti
– sostiene l’Avv. Prof. Auriti – la banca centrale poteva affermare di essere
proprietaria della moneta all’atto dell’emissione quando la banconota era
concepita come titolo di credito rappresentativo della riserva. In tal modo, la
banca centrale poteva dire di essere proprietaria della moneta – cioè di avere
il signoraggio sulla medesima – in quanto proprietaria della riserva e quindi
ritenersi autorizzata ad emetterla prestandola, perché prestare è prerogativa
del proprietario. Questo ragionamento poteva essere sostenuto fino alla data
del 15 agosto 1971 quando, con la fine degli accordi di Bretton Woods, fu
abolito, con la cessione della riserva, il diritto di signoraggio. A conferma
di ciò sta il fatto che sul simbolo dell’euro, alla formula tradizionale (ad
es. “Lire … pagabili a vista al portatore” F.to il Governatore della Banca
d'Italia) si è sostituita la formula del “silenzio”, per rubare un valore pari
a tutto l'euro in quanto puramente e semplicemente accettato in prestito dal
proprietario all'atto dell'emissione. Poiché crea il valore della moneta non
chi la emette, ma chi l'accetta, all'atto dell’emissione la moneta va
accreditata e non addebitata. Ecco perché, nell'attuale regime monetario
internazionale, tutti sono legittimati a prestare moneta tranne chi la emette!
«Si
spiega così perché sul simbolo dell’euro appare la sola espressione numerica
con la parola “euro” e la sottoscrizione del Governatore. Il comportamento
concludente è infatti la forma più comoda per ottenere l'accettazione tacita di
clausole contrattuali altrimenti inaccettabili e che consente il “raggiro”,
come elemento costitutivo essenziale della truffa realizzata quotidianamente in
questa prassi bancaria. L’utile di questa truffa è pari al 200% del valore
nominale della moneta perché emessa addebitando il “dovuto”. Intatti, con
l'abolizione della riserva, il compenso dovuto alla banca centrale va limitato
al costo tipografico, mentre essa si appropria indebitamente di un valore pari
alla differenza tra costo tipografico (o scritturale) e valore nominale,
duplicato dal fatto di emettere la moneta prestandola. In tal modo trasforma il
legittimo portatore da proprietario in debitore inconsapevole della sua moneta.
«Poiché
è da ritenere che il Trattato di Maastricht non possa essere interpretato nel
senso di considerarlo abrogativo delle norme di diritto penale uniforme in
materia di truffa e poiché gli argomenti esposti basano su fatti notori (che,
per assumere rilevanza giuridica non necessitano né di prove né di accertamento
giudiziale), l’euro va considerato come moneta illegittima come “corpo del
reato di truffa”.
«È
da escludere, nel caso specifico, la buonafede del Governatore della BCE in
quanto, con atto notificato dall'Ufficio Unico delle Notificazioni presso il
Tribunale di Chieti, la BCE in data 16 aprile 2001 era stata formalmente
diffidata, dal Sindacato Antiusura SAUS, ad astenersi dalla emissione dell’euro
per i predetti motivi.
«Il
presupposto di tale diffida basa sulla constatazione che, allo stato attuale,
non si conosce chi sia il proprietario dell’euro all'atto dell'emissione e
manca, quindi, la certezza giuridica nella fase della circolazione, in quanto
non si può, conseguentemente, individuare chi sia debitore e chi creditore. Di
conseguenza, la BCE, per il solo tatto di stampare i simboli monetari, si
appropria, senza contropartita ed attraverso evidenti artifici e raggiri, del
valore indotto pari alla differenza tra costo tipografico e valore nominale.
«Poiché
i fatti esposti – conclude la denuncia dell’Avv. Prof. Auriti al Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Chieti – arrecano un danno immane alle
collettività nazionali, in quanto si trasformano i proprietari in debitori,
ossia il “credito pubblico in debito pubblico”, il sottoscritto chiede alla
S.V. Ill.ma di verificare la sussistenza dell’ipotesi di reato di truffa e/o di
altre ipotesi criminose sicuramente perseguibili d’ufficio nel caso di specie,
attesa la notorietà dei fatti.»
Da:
Nuovo ABRUZZOpress
Commenti
Del
Prof. Giacinto Auriti, insigne accademico, ideatore del Simec, il Simbolo
Econometrico di valore indotto - la "moneta locale" adottata in
alcuni Comuni d’Abruzzo - pubblichiamo di seguito l’interessante intervento
sull’Euro, nel quale si prospettano soluzioni che potrebbero risolvere i
problemi della fame nel Terzo Mondo:
MESSAGGIO
AI POPOLI EUROPEI: ELIMINARE I DEBITI O I POPOLI?
L’Euro
di chi è (di Giacinto Auriti)
I
Popoli del Terzo Mondo prima di essere dilaniati dalla fame sono dilaniati dal
debito. Cinquanta milioni di uomini muoiono di fame ogni anno, non per mancanza
di derrate alimentari, ma del denaro per comprarle (come è provato dalla
distruzione abituale delle eccedenze di prodotti agricoli).
Poiché
il denaro in circolazione è emesso a costo nullo dalle banche centrali, solo
prestandolo, balza evidente che i vuoti monetari sono arbitrariamente
pianificati dalla parsimonia feroce dei grandi usurai che dominano il sistema
monetario.
Solo
su queste premesse ci si spiega perché l’Europa con l’avvento dell’Euro rischia
di far parte del Terzo Mondo. Se la Banca Centrale Europea emetterà moneta
prestandola – come hanno fatto sin dalla fondazione della fondazione della
Banca d’Inghilterra tutte le banche centrali - i Popoli Europei saranno tutti
destinati ad essere colonie monetarie dell’impero usurocratico, tanto più
perché - a norma dell'art. 117 e s. del Trattato di Maascricht – si sono
convenzionalmente impegnati a non manifestare obiezioni, proposte, desideri.
Nel
silenzio del Trattato sulla proprietà dell'Euro, la BCE ha il potere di servire
o servirsi dei Popoli Europei. Se li vuole servire deve stampare e accreditare,
se se ne vuole servire deve stampare e prestare. Poiché questa seconda ipotesi
è la regola costante di tutte le banche centrali del mondo, è ovvio che non
potrà cambiare senza una esplicita previsione normativa.
Se
i Popoli Europei vogliono evitare la drammatica tempesta della moneta-debito
(preconizzata da Alan Greespan, Presidente della Federal Reserve Bank che è in
grado di prevederlo perché è in grado di causarla) devono consensualmente
programmare l’integrazione del Trattato per colmarne una lacuna normativa
inammissibile e intollerabile perché nessuna norma dice di chi è la proprietà
dell’Euro.
L'Euro
va esplicitamente dichiarato di proprietà dei Popoli Europei, con una norma
integrativa pienamente legittima perché non contraddice con nessuna norma del
trattato vigente. Ciò in applicazione dell’ovvio principio per cui piuttosto
che elemosinare la remissione dei debiti non dovuti è molto più conveniente
prevenirne l’instaurazione: non accettarli.
Poiché
questa proposta è perfettamente coincidente con il Messaggio del Papa sulla
estinzione dei debiti del Terzo Mondo, è un'ottima occasione per avere la prova
che il Governatore della Banca d'Italia è un vero cattolico quale dice di
essere.
Perché
mai ci dovremmo indebitare, infatti, verso la BCE per un valore pari a tutto il
denaro che vorrà mettere in circolazione? Qual è il corrispettivo di questo
debito immane ed arbitrariamente imposto dal falso creditore a falsi debitori?
La risposta, scandalosamente inconfutabile, è: Unico corrispettivo è il nulla!
Si impone quindi – con la massima urgenza – che il Governatore Fazio proponga
ai Governi ed ai Governatori degli Stati Europei la norma integrativa ed
interpretativa del Trattato di Maasricht che concepisca l’Euro proprietà (e non
debito) del portatore.
È
tempo ormai che si acquisti la consapevolezza che il valore della moneta
all’atto dell’emissione è creato da chi l’accetta. Ecco perché tutti possono
prestare denaro tranne chi lo emette. Potrebbe altrimenti riproporsi anche per
l’Europa l’alternativa tra la sopravvivenza dei Popoli e quella dei debiti.
Nascerebbe così ineluttabilmente, come nella Vandea, il diritto alla
rivoluzione.
*
Segretario generale del Sindacato Antiusura SAUS – Direttore della Scuola dei
Valori Giuridici e Monetari, Centro Celestiniani, L’Aquila.
[LaPiazza/_borders/piazza_aftr.htm]
Calisto
Tanzi come il Governatore della Banca Centrale (di Giacinto Auriti)
Quando
la moneta era concepita come titolo rappresentativo della riserva, la banca
centrale poteva dire: "la moneta è mia perché la riserva è mia" e
quindi poteva emettere la moneta "prestandola" perché prestare è
prerogativa del proprietario. Abolita la convertibilità ed addirittura la
stessa riserva con la fine degli accordi di Bretton Woods (15 agosto 1971) il
compenso dovuto alla banca centrale va commisurato a quello dovuto alla
tipografia, mentre la banca centrale si appropria illecitamente della
differenza tra costo tipografico e valore nominale e dell'equivalente relativo
credito abusivamente acquisito, perché emette prestando un valore creato dalla
collettività per convenzione e che andrebbe pertanto ad essa accreditato e non
addebitato
A
commento del caso Parmalat, il direttore del quotidiano "Il Tempo",
Franco Bechis, sotto il titolo "Alzi la mano chi aveva capito"
(articolo di fondo del 3 gennaio '04) conclude: "Purtroppo i casi Parmalat
sono casi da magistratura, non storture del sistema. Sono eclatanti, ma non c'è
rimedio legislativo. L'unico è quello che si sta applicando: il codice
penale." Ebbene, io dichiaro di avere il diritto di alzare la mano perché
in data 8 maggio 1993, a conclusione di un Convegno sulla teoria dl
"valore indotto" della moneta, presentai una denuncia per truffa
contro il Governatore pro tempore della Banca d'Italia: Azeglio Ciampi, attuale
Presidente della Repubblica Italiana. La Banca centrale all'atto
dell'emissione, presta il denaro che dovrebbe accreditare e la truffa consiste
nel trasformare la collettività da proprietaria a debitore del proprio denaro.
Nel corso sui valori giuridici e monetari, da me svolto all'Università di
Teramo, fu provato che la multinazionale è la banca centrale che entra in prima
persona sul mercato, perché ha necessità di disporre, senza limiti e senza
costi, di tutto il denaro che vuole.
La
multinazionale entra in crisi quando si taglia il cordone ombelicale che la
collega alla banca centrale. Non a caso la FIAT e la Parmalat sono entrate in
crisi dopo che la sovranità monetaria era stata trasferita dalla Banca d'Italia
alla Banca Centrale Europea. E poiché il padrone del sistema non è chi riceve
il sangue monetario dal cordone ombelicale, ma chi lo emette, pur essendo
d'accordo con Bechis che la legge da applicare è il codice penale, va
evidenziato che la responsabilità penale non va limitata solo al vertice della
multinazionale, ma va innanzi tutto e fondamentalmente estesa ai vertici della
Banca Centrale in un'ipotesi eclatante di associazione a delinquere. Ciò
premesso, quando il Bechis afferma che ".i casi Parmalat sono eclatanti.
ma non c'è rimedio legislativo", dà la prova che anche lui non può alzare
la mano perché non ha capito la cosa più importante. Come si fa, infatti, ad
applicare il codice penale, cioè a stabilire chi è il ladro e chi il derubato,
o chi è il truffato e chi il truffatore, se non si stabilisce di chi è la
proprietà della moneta all'atto dell'emissione? Solo con una legge si può instaurare
la proprietà popolare della moneta.
Quando
la moneta era concepita come titolo rappresentativo della riserva, la banca
centrale poteva dire: "la moneta è mia perché la riserva è mia" e
quindi poteva emettere la moneta "prestandola" perché prestare è
prerogativa del proprietario. Abolita la convertibilità ed addirittura la
stessa riserva con la fine degli accordi di Bretton Woods (15 agosto 1971) il
compenso dovuto alla banca centrale va commisurato a quello dovuto alla
tipografia, mentre la banca centrale si appropria illecitamente della
differenza tra costo tipografico e valore nominale e dell'equivalente relativo
credito abusivamente acquisito, perché emette prestando un valore creato dalla
collettività per convenzione e che andrebbe pertanto ad essa accreditato e non
addebitato. Poiché i fatti notori, in quanto tali, per assumere rilevanza
giuridica non necessitano né di prove né tantomeno di accertamento giudiziale,
i magistrati sono tenuti a promuovere d'ufficio, come adempimento di atto dovuto,
procedimento penale per truffa e falso in bilancio nei confronti del
Governatore della Banca Centrale in conformità della denuncia da me presentata
in data 8 maggio '93 al Procuratore della Repubblica di Teramo.
Calisto
Tanzi pur essendo collegato per associazione a delinquere con il Governatore,
appartiene alla categoria dei ladri di polli che sono notoriamente esposti al
grave rischio di essere perseguiti penalmente; rischio da cui sono immuni i
governatori delle banche centrali che, prestando il dovuto all'atto
dell'emissione, caricano il costo del denaro del 200% oltre gli interessi, e
trasformano i popoli da proprietari in debitori del proprio denaro. Il Tanzi ha
copiato l'esempio datogli dal governatore perché ha creato con falsi in
bilancio valori monetari usando come riserva l'illusione della stessa come fa
il governatore, e c'è riuscito fintanto che ha retto il cordone ombelicale che
lo collegava alla Banca Centrale. Tagliato il cordone, la truffa è stata
scoperta. Poiché, a quanto pare, il pulito ha la rogna, si impone una giustizia
monetaria di dimensioni mondiali per restituire il maltolto, trasformando i
popoli da debitori in proprietari della propria moneta. (da
www.AbruzzoPress.it)
http://www.open-economy.org/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=166
Articoli
di approfondimento:
L'esperimento
monetario di Guardiagrele
http://www.laleva.cc/economia/auriti_moneta.html
INTERVISTA
A GIACINTO AURITI
http://www.laleva.cc/economia/intervista_auriti.html
Una
verità che scotta
http://www.laleva.cc/economia/verita_auriti.html
Altri
scritti di Auriti in Italiano o in Inglese si possono trovare al sito:
http://www.calneva.com/money/italy/lire-1i.htm
http://www.calneva.com/money/italy/lire-1e.htm
(in English)
LETTERA
APERTA A SILVIO BERLUSCONI - di Giacinto Auriti [04 mar 04 02:58 by Ngbellia]
LETTERA
APERTA A SILVIO BERLUSCONI - di Giacinto Auriti Inviato 19 Feb 2004 - 02:01 AM
Il fisco non va ridotto, ma abolito. Pound aveva capito che lo stato doveva
trattenere all’origine, cioè all’atto dell’emissione, quanto necessario per le
esigenze fiscali, perché aveva capito che la moneta era del popolo e non della
banca. Signor Presidente del Consiglio, Ho sentito il dovere di prendere la
penna con l’augurio che questo mio messaggio Le pervenga. Ho accolto con
entusiasmo la Sua decisione di considerare la necessità di una riforma fiscale.
Il Suo gesto mi ha fatto tornare alla mente il colloquio che ebbe, a Palazzo
Venezia, Ezra Pound con Benito Mussolini. Pound aveva capito che lo stato
doveva trattenere all’origine, cioè all’atto dell’emissione, quanto necessario
per le esigenze fiscali, perché aveva capito che la moneta era del popolo e non
della banca. La banca, infatti, poteva affermare di essere proprietaria della
moneta quando il valore monetario era basato sul principio della riserva e
della convertibilità a richiesta del portatore. Essa, infatti, poteva dire di
essere proprietaria della moneta in quanto proprietaria della riserva, essendo
la moneta concepita come titolo di credito rappresentativo della medesima.
Abolita la convertibilità (1912) e addirittura la stessa riserva (1971) con la
fine degli accordi di Bretton Woods, la banca non può essere più considerata
proprietaria della moneta. Oggi la moneta non ha più valore creditizio, ma valore
indotto analogo a quello di un francobollo di antiquariato che vale per
convenzione e senza riserva. La banca centrale continua invece a comportarsi
come se fosse ancora proprietaria perché emette moneta prestandola e prestare
denaro è prerogativa del proprietario. E la proprietà è di chi crea il valore,
non di chi stampa il simbolo; è del popolo non della banca. Questo aveva capito
Pound, perché aveva capito che la riserva non serve in quando la moneta ha
valore indotto e non creditizio, tanto è vero che è diventata, pur se vera
moneta, una falsa cambiale (ad es. “Lire 1000 pagabile a vista al portatore.
F.to il Governatore della Banca d’Italia). Ma la prova migliore che la riserva
non serve è l’oro che ha valore per convenzione e senza riserva. Da ciò emerge,
Signor Presidente che l’unico progetto valido per la riforma fiscale non è
quello proposto da Lei, ma quello proposto da Ezra Pound. Il prelievo fiscale
non va ridotto, ma abolito perché – una volta accertato che la moneta è
proprietà del popolo e non della banca – lo Stato deve trattenere all’origine
quanto necessario per scopi fiscali e di pubblica utilità. Con questa lettera
ho voluto ripetere a Lei quanto Pound disse a Mussolini. Mussolini era
perdonabile perché non sapeva di problemi monetari. E Lei ? Avv. Prof. Giacinto
Auriti Segretario Generale del Sindacato Antiusura – SAUS (AbruzzoPress)
Disegno di Legge proposto dal Sindacato Antiusura (SAUS) - Segretario
generale:
Prof.
Avv. Giacino Auriti
E-mail:
monetaalpopolo@supereva.it
Link, in www.abruzzopress.it
Presentata
stamani a Roma, alla Prima Divisione della Corte di Cassazione
una
proposta di legge di iniziativa popolare perché l'Euro sia dichiarata
proprietà
dei cittadini una proposta di Legge di iniziativa popolare, per l'
attribuzione
della proprietà dell'Euro ai cittadini, è stata presentata alle
ore
10 di stamani alla Prima Divisione della Corte di Cassazione dal Prof.
Avv.
Giacinto Auriti ed altri cittadini elettori, tra cui il prof. Agostino
Sanfratello,
Maurizio Angelucci di Foligno, Claudio Cesaroli.
L'iniziativa
è del Sindacato Antiusura - SAUS, di cui il prof. Auriti è
Segretario
generale. La raccolta delle 50.000 firme di elettori - a norma
dell'
art. 71 della Costituzione della Repubblica Italiana e degli artt. 7 e
48
della
Legge 25 Maggio 1970 n. 352 - inizierà dopo la pubblicazione sulla
Gazzetta
Ufficiale che avverrà in data 20 dicembre '01.
Il
Disegno di Legge, che si allega integralmente a questo numero di Ap, reca
il
seguente «PREAMBOLO» «L'ACCETTAZIONE della PROPRIETA' DELL'EURO va
sostenuta
da deputati e senatori di tutti i partiti perché affronta il tema
della
sovranità monetaria che realizza la "democrazia integrale". Poiché
senza
la sovranità monetaria non esiste la sovranità politica, il popolo dev
'essere
riconosciuto proprietario della moneta all'atto dell'accettazione.
«Il
SAUS (Sindacato Antiusura) ha ufficialmente dichiarato che sosterrà
solamente
la candidatura degli esponenti di tutti i partiti, che si
dichiarino
ufficialmente favorevoli all'instaurazione del regime della
proprietà
popolare dell'Euro.
«Dichiarata
la moneta proprietà della collettività nazionale, la
corresponsione
dei tributi viene effettuata mediante trattenuta all'origine,
per
soddisfare tutte le esigenze di pubblica utilità. Vengono così eliminati
i
rituali pagamenti a carico dei singoli contribuenti e milioni di ore di
lavoro
per banali attività ragionieristiche e contabili, nonché l'
inconveniente
di errori e di evasioni fiscali.
«Il
prelievo fiscale viene limitato ai costi per il conseguimento degli
scopi
di pubblica utilità, mentre, a tutt'oggi, è finalizzato al pagamento
di
un debito non dovuto pari a tutto il denaro in circolazione, emesso in
prestito
e riscosso, come rendita parassitaria da signoraggio, dagli
azionisti
della Banca d'Italia (S.p.A. con scopo di lucro).»
Proposta
di Legge di iniziativa popolare promossa dal SAUS - Sindacato
Antiusura,
per la raccolta di 50.000 firme di elettori a norma dell'art. 71
della
Costituzione della Repubblica Italiana e degli artt. 7 e 48 della
Legge
25 Maggio 1970 n. 352
CAMERA
DEI DEPUTATI
XIV
LEGISLATURA
DISEGNO
DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE
ai
sensi dell'art. 71 della Costituzione
"Accettazione
dell'EURO: reddito di cittadinanza proprietà del portatore"
ONOREVOLI
PARLAMENTARI! Scopo della presente proposta è colmare un vuoto
legislativo
non più tollerabile, già segnalato, del resto, dal disegno di
legge
"Proprietà popolare della moneta" (Senato XII legislatura, n. 1282,
comunicato
alla Presidenza l'11 gennaio 1995) d'iniziativa del senatore
Natali
ed altri e, successivamente (Senato XIII Legislatura, n. l288),
d'iniziativa
del senatore Monteleone ed altri. Nessuna norma stabilisce,
infatti,
di chi debba essere la proprietà dell'EURO all'atto originario
della
sua accettazione.
La
verità è che la moneta ha valore perché essendo misura del valore è
anche,
necessariamente, valore della misura. Ogni unità di misura ha,
infatti,
la qualità corrispondente a ciò che deve misurare: come il metro ha
la
qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la
qualità
del valore perché misura il valore. Pertanto il simbolo monetario
non
è solamente la
manifestazione
formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore
del
valore indotto e incorporato nel simbolo che è appunto il valore della
misura
ossia il potere d'acquisto. Con la scoperta del valore indotto come
puro
valore giuridico (cfr. Auriti, L'ordinamento internazionale del sistema
monetario,
Teramo, 1993, ed. Edigrafital. P. 43 e ss.) si è data finalmente
la
giustificazione scientifica del valore monetario. Come è stato
dimostrato,si
verifica qui una fattispecie analoga a quella dell'induzione
fisica.
Come nella dinamo si trasforma energia meccanica in energia
elettrica,
così nella moneta si trasforma il valore della convenzione, cioè
di
uno strumento giuridico in un bene reale oggetto di diritto di proprietà:
la
moneta.
In
breve, il valore della moneta è causato non dall'attività dell'organo di
emissione
- che predisponendo ed erogando i simboli, determina solo il
presupposto
formale del valore monetario - ma dall'accettazione da parte
della
collettività. L'emissione dei simboli in conformità del corso legale
(il
c.d. corso forzoso) è un atto di "eteronomia", l'accettazione della
moneta,
che ne determina convenzionalmente il valore, è atto di "autonomia".
Il
valore dell'Euro nasce e persiste nella sua continuità perché accettato
convenzionalmente
come misura del valore e valore della misura oggetto di
scambio.
Per questi motivi l'Euro è e non può essere altro che proprietà del
portatore
che, col suo comportamento concludente, contribuisce a causarne e
conservarne
il valore.
Il
Trattato di Maastricht si limita giustamente a considerare la prima fase
dell'emissione,
ignora del tutto il momento creativo del valore monetario,
tanto
è vero che nessuna norma del trattato considera di chi sia il diritto
di
proprietà sull'EURO e come debba essere attribuito. Particolarmente
significativo
il tenore della dichiarazione cartolare apposta sul simbolo
dall'organo
di emissione. In essa appare solamente la parola "EURO"
preceduta
dalla espressione numerica e dalla sottoscrizione del Governatore
sotto
la sigla, in varie lingue, della Banca Centrale Europea con l'anno
dell'emissione.
È chiara, sotto questo profilo, la netta differenza con le
monete
degli Stati membri che tradizionalmente concepivano la moneta come
titolo
di credito rappresentativo della riserva. La banca centrale era,
infatti,
considerata proprietaria del valore della moneta perché considerata
proprietaria
del valore della riserva, come tate legittimata ad emettere
moneta
prestandola perché prestare è prerogativa del proprietario.
Abolita
la riserva monetaria con la fine degli Accordi di Bretton Woods (15
agosto
1971), balza evidente la sostituzione del valore convenzionale a
quello
creditizio. Ciò spiega il "silenzio" come "oggetto" della
dichiarazione
cartolare dell'EURO poiché non potendosi più giustificare l'
emissione
mediante prestito perché carente della giustificazione (per altro
assurda)
della
riserva,
si fa affidamento sulla mera prassi consolidata nel signoraggio
parassitario,
tradizionale delle banche centrali. Una volta dimostrato,
infatti,
che crea il valore della moneta non chi la emette, ma chi l'
accetta,
prestare denaro all'atto dell'emissione significa imporre un costo
del
denaro del 200% (più il C.D."Tasso di sconto").
Quando
si fanno coincidere le due fasi dell'emissione e dell'accettazione,
ne
deriva una grave ingiustizia nel regime giuridico dei valori monetari.
Ciò
si è storicamente verificato con l'avvento della moneta nominale e del
sistema
delle banche centrali.
Una
volta chi trovava una pepita d'oro, se ne appropriava senza indebitarsi
verso
la miniera. Oggi, al posto della miniera c'è la banca centrale, al
posto
della pepita un pezzo di carta, al posto della proprietà il debito
perché
la banca emette moneta solo prestandola, mentre chi ne crea il valore
è
chi l'accetta. Il momento meramente strumentale della emissione dei
simboli
ha invaso quello edonistico della proprietà della moneta, sicché la
banca
centrale, emettendo moneta prestandola, espropria ed indebita la
collettività
del proprio denaro senza contropartita. Ecco perché tutti
possono
prestare denaro tranne chi lo emette.
Facendo
leva sul riflesso condizionato causato dall'abitudine secolare da
dare
sempre un corrispettivo per avere denaro, le banche centrali,
confondendo
la
fase dell'emissione con quella della circolazione, hanno indotto tutti i
popoli
del mondo ad accettare la propria moneta, all'atto dell'emissione,
col
corrispettivo del debito, cioè in prestito. Con la sostituzione della
moneta
d'oro con la moneta nominale, i popoli sono stati così trasformati da
proprietari
in debitori del proprio denaro nella più grande truffa di tutti
i
tempi, passata inosservata perché troppo evidente. Ciò ha avuto origine
nel
1694 con l'emissione della sterlina e la costituzione della Banca d'
Inghilterra.
Oggi,
con l'avvento dell'EURO l'Europa si trova nella privilegiata
condizione
di poter sostituire alla moneta debito di proprietà della banca
centrale,
la propria moneta.
Nessuna
norma del Trattato di Maastricht considera, infatti, di chi debba
essere
la proprietà dell'EURO. Ciò è la prova che il trattato considera solo
la
fase dell'emissione ed ignora quella dell'accettazione (Probabilmente ciò
è
avvenuto perché si è fatto affidamento sulla possibilità di continuare
nella
mostruosa prassi del "signoraggio usurocratico" , per cui i Popoli
europei
dovrebbero indebitarsi, senza contropartita verso la BCE per un
valore
pari a tutto l'EURO in circolazione).
Ciò
significa che è rimessa alla competenza esclusiva dei Popoli Europei
regolamentare
in modo autonomo il regime della accettazione e della
proprietà
della moneta sul quale la BCE non ha alcun potere di interferire
analogamente
alla preclusione agli stati membri di interferire nella fase
dell'emissione
a norma dell'art. 107 del Trattato di Maastricht.
Poiché
"qui tacet neque adfirmat neque negat", appare evidente che la banca
centrale
europea, per il limite imposto dal significato essenziale ed
univoco
della parola "accettazione" come competenza esclusiva di chi
accetta,
e non di chi emette, non può fare altro che prendere atto del
principio
che la proprietà dell' EURO nasce per riconoscimento esplicito di
diritto
convenzionale uniforme, come proprietà dei Popoli Europei per il
solo
fatto che, accettandolo, ne creano il valore.
L'accettazione
dell'EURO come proprietà del portatore, consente il
conseguimento
di due ulteriori scopi di fondamentale importanza:
1.
utilizzare la moneta come strumento di diritto sociale in attuazione del
2°
co. dell'art. 42 della Costituzione che sancisce l'accesso alla proprietà
per
tutti realizzando un diritto della persona con contenuto patrimoniale,
come
reddito di cittadinanza;
2.
razionalizzare il sistema fiscale consentendo allo Stato di trattenere
all'origine
quanto necessario per le esigenze di pubblica utilità,
eliminando
costi e tempi di lavoro meramente contabile ed improduttivo ed i
rischi
dell'evasione fiscale.
Data
l'imminenza della circolazione dell'Euro si chiede che il presente
disegno
di legge sia messo in discussione con procedura d'urgenza.
DISEGNO
DI LEGGE
Art.
1 - L'Euro, all'atto dell'accettazione, nasce di proprietà dei
cittadini
ed è acquisito, a tal fine, nella disponibilità degli Stati Membri
aderenti
al Trattato di Maastricht.
L'Euro
è pertanto proprietà del portatore.
Art.
2 - Ad ogni cittadino è attribuito un codice dei redditi sociali,
mediante
il quale gli viene accreditata la quota di reddito causato dalla
accettazione
monetaria e da altre eventuali fonti di reddito in attuazione
del
2° co. dell'art. 42 della Costituzuione.
Art.
3 - Accettata la proprietà dell'Euro in rappresentanza della
collettività
nazionale, il Governo è legittimato a trattenere all'origine,
quanto
necessario per le esigenze fiscali di pubblica utilità.
---------
Disegno
di Legge proposto dal Sindacato Antiusura (SAUS) - Segretario
generale:
Prof. Avv. Giacino Auriti
E-mail:
monetaalpopolo@supereva.it
Link in www.abruzzopress.it
Chieti,
18 Dicembre '01 - Anno XXI n. 155 - www.abruzzopress.it - E-mail:
abruzzopress@yahoo.it
- Trib. Ch n. 1/981
Servizio
Stampa CF 93030590694
Tel.
0871 63210
Fax
0871 404798
Cell.
333. 2577547
Dir.
resp. Marino Zolfanelli
Date: Fri, 31 May 1996
L'INDUZIONE
GIURIDICA CON PARTICOLARE RIGUARDO AL VALORE INDOTTO DELLA MONETA.
(
di Giacinto Auriti)
1)
Considerazioni preliminari di teoria generale del diritto.
Per
spiegare la natura e le caratteristiche dell'induzione giuridica, occorre
muovere dalle seguenti premesse di teoria generale:
a)
il diritto e' uno strumento perche' e' il risultato di una attivita' creatrice
dello spirito;
b)
poiche' ogni strumento e' un oggetto che ha valore, non si puo' definire il
diritto se non si definisce il valore;
c)
il valore e' un rapporto tra fasi di tempo. Cosi', ad esempio, posso dire che
una penna ha valore perche' prevedo lo scrivere. Dunque il valore e' il
rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto;
d)
nella prima fase il valore e' il giudizio di strumentalita', che attiene
all'oggetto; nella seconda fase e' il momento edonistico, che attiene al
soggetto. In questo senso, la realta' spirituale del diritto - in cui risiede
la strumentalita' - e' tempo intersoggettivo. Cosi' ad es. il credito e' il
rapporto tra il momento "ricordato" della sua instaurazione e quello
"previsto" del suo adempimento che lega creditore e debitore. In
questo senso si spiega il diritto come rapporto necessario e funzionale tra
fasi di tempo e quindi il diritto nella sua forza cogente come "dover
essere";
e)
da queste premesse emerge che il diritto ha un valore in se', diverso da quello
del bene oggetto del diritto perche' soddisfa il bisogno della certezza del
diritto. Cosi' ad es. se consideriamo due atti reciproci di donazione tra due
soggetti, si ha ex post, un effetto uguale a quello di un contratto di permuta.
Ma se le parti, invece di due atti di donazione instaurano un contratto, vuol
dire che c'e' il motivo, in quanto ognuno da' la sua prestazione per la
certezza giuridica della controprestazione altrui.
Dunque
nell'elemento convenzionale del contratto risiede un'utilita' e quindi un
valore autonomo diverso da quello della prestazione e della controprestazione.
Su tale premessa balza evidente la distinzione tra valore creditizio e valore
convenzionale: mentre il valore del credito e commisurato al valore
dell'oggetto del credito, il valore convenzionale e' creato dalla stessa
convenzione e la sua entita' e struttura sono liberamente concepite e
realizzate dall'accordo tra le parti. Nasce cosi' un valore che non ha altro costo
che attivita' mentale delle parti e' l'elemento materiale necessario alla sua
manifestazione formale.
2)
La moneta come fattispecie giuridica.
Solo
su queste premesse e' possibile dare una definizione scientifica della moneta,
colmando una lacuna culturale millenaria non pi'u' tollerabile. La moneta ha
valore perche' e' misura del valore. Poich‚ ogni unita di misura ha la qualita'
corrispondente a cio' che deve misurare, come il metro ha la qualita' della
lunghezza perche' misura la lunghezza, cosi' la moneta ha la qualita' del
valore perche' misura il valore. Qui l'attivita' convenzionale non e'
produttiva solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura:
quello che noi chiamiamo "potere d'acquisto". Nella moneta si verifica
un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia
meccanica causa energia elettrica, cosi' nella moneta, la convenzione causa il
valore indotto nel simbolo. Pertanto la moneta e' un bene collettivo in quanto
creato dalla convenzione sociale, ma di proprieta' privata individuale,
attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo, in virt'u'
dell'induzione giuridica. L'ostacolo di fronte al quale tutti gli economisti si
sono fermati si basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come
fattispecie giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso e
cioe' come espressione di un valore proprio, diverso da quello del bene oggetto
del diritto. Su questo equivoco iniziale, si e' preteso di giustificare il valore
monetario sulla base della riserva d'oro confondendo e spacciando sotto la
parvenza di valore creditizio, il valore indotto, ossia configurando la moneta,
non come misura del valore, ma come titolo di credito rappresentativo della
riserva. La moneta non e' credito ma oggetto di credito. Del resto se fosse
vero che la riserva serve a conferire alla moneta il potere di acquisto, dopo
la cessazione degli Accordi di Bretton Woods, e con l'abolizione della riserva
d'oro, il dollaro avrebbe dovuto perdere totalmente il suo valore: mentre non
solo non ha perso valore, ma ha sostituito l'oro come moneta base del sistema
monetario mondiale. La tesi che pretende di giustificare il valore della moneta
sulla base della riserva e' clamorosamente errata oltretutto perche' fondata su
una concezione materialistica del valore. Di solito si considera il valore
dell'oro come una proprieta' del metallo ed in questo senso si parla
impropriamente di "valore intrinseco". Anche l'oro ha valore perche'
ci si e messi d'accordo che lo abbia. Siccome questo metallo e' stato
considerato tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli e'
stato attribuito il valore indotto. Poich‚ la convenzione e' una fattispecie
giuridica, ed ogni unita' di misura e' convenzionalmente stabilita, la materia
prima per creare moneta, e' esattamente la medesima che serve a creare
fattispecie giuridiche e cioe' spazio e tempo: spazio, che e' la materia con
cui il simbolo monetario si manifesta; tempo che e' la previsione convenzionale
della possibilita' di comprare. L'elemento formale della fattispecie monetaria
pu• essere l'oro o qualsiasi altro simbolo di costo nullo come carta ed
inchiostro. Questo aspetto della irrilevanza del valore della merce con cui il
simbolo monetario si manifesta, e acutamente rilevato dal Nussbaum, il quale
analizzando la storia monetaria delle colonie americane, rileva che, quando le
merci venivano accettate come moneta, si verificavano contestualmente due
fenomeni: aumentavano di valore e la merce di cattiva qualita' acquistava lo
stesso valore di quella di buona qualita'. Cio' avveniva perche' la merce
incorporando valore indotto, assumeva, come simbolo monetario, la mera funzione
di elemento formale di una fattispecie giuridica. Ci si puo' spiegare, questo
secondo aspetto del fenomeno monetario rilevato dal Nussbaum, con l'ovvia
considerazione che, anche per noi, avere in tasca banconote nuove di zecca o
logore, e' del tutto indifferente. E cio' avveniva anche, ad esempio, per le
pelli di castoro quando venivano usate come moneta. Questo prova che anche
l'oro altro non e' che una fattispecie giuridica e che il suo cosiddetto valore
intrinseco altro non e' che valore indotto. Tanto e' vero cio' che, se compro
una sterlina d'oro al prezzo di duecentomila lire, scambio il simbolo aureo con
due pezzi di carta del valore di pochi centesimi.
3)
Valore creditizio e valore monetario: caratteristiche differenziali.
E'
gran tempo ormai che si esca definitivamente dall'equivoco di spacciare sotto
la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Per comprendere le
differenze fondamentali tra moneta e credito, basta muovere dalle seguenti
considerazioni:
a)
il credito si estingue col pagamento, la moneta, invece, continua a circolare
dopo ogni transazione indefinitamente, perche', come ogni unita' di misura, e'
un bene ad utilita' ripetuta;
b)
il valore del credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento, il valore
monetario e' attuale e certo, perche', per l'induzione giuridica, la moneta e'
bene reale, oggetto di diritto di proprieta';
c)
nel credito, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella
moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioe' i simboli monetari, e
poi gli si attribuisce il valore all'atto dell'emissione. Chi crea il valore
della moneta non e' chi la emette, ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica
nasce l'energia elettrica con la rotazione degli elementi della dinamo, cosi'
nell'induzione giuridica, nasce il valore della moneta all'atto della sua
emissione, cioe' quando inizia la fase dinamica della sua circolazione nella
collettivita' che, accettandola convenzionalmente, ne crea il valore;
d)
il valore del credito e' causato dalla promessa del debitore, come avviene
nella cambiale, in cui l'emittente e' il debitore. Il valore della moneta e'
causato dall'accettazione del primo prenditore. Oggi la moneta e' emessa sotto
forma di una falsa cambiale, perche' firmando come debitore, il governatore
delle banca centrale induce la collettivita' nel falso convincimento che sia
lui stesso a creare il valore della moneta.
In
analogo errore cadono le teorie che pretendono di configurare la moneta come
titolo rappresentativo dei beni disponibili sul mercato, in quanto
conferirebbero alla moneta il suo potere di acquisto. (In questo senso ricordo
la dichiarazione di Nixon a Camp David del 15 agosto 1971 con cui fu abolita la
convertibilita' del dollaro in oro ed abrogati gli accordi di Bretton Woods).
Come ogni unita di misura, anche la moneta ha una sua utilita' condizionata
dalla esistenza degli oggetti da misurare. Se non vi fossero oggetti da
misurare nella lunghezza, il metro sarebbe inutile, ed inutile la moneta se non
vi fossero beni da misurare nel valore, ma cio' non significa che l'unita di
misura rappresenta gli oggetti misurati. Ma la prova dell'insufficienza di
questa tesi sta nel fatto, che mentre il portatore di un titolo rappresentativo
puo' pretendere la consegna dell'oggetto del credito su consegna del documento,
il portatore della moneta pu• solo proporre l'acquisto dei beni al
proprietario. A parte il fatto che, mentre il titolo di credito si estingue con
il pagamento, la moneta no. Nella relazione al disegno di legge sul conto
intrattenuto dal Ministero del Tesoro presso la Banca d'Italia, approvato dal
Consiglio dei Ministri il 10/2/93, e' contenuta una preziosa dichiarazione,
rara per la sua impudente sincerita': "La ratio di queste
disposizioni", recita testualmente la relazione, " e' evidente:
garantire la piena indipendenza delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea,
nella gestione della politica monetaria....... In conseguenza non e' consentito
agli esecutivi degli Stati firmatari del Trattato, di esercitare signoraggio in
senso stretto: ovvero di appropriarsi di risorse (sic!) attraverso l'emissione
di quella forma di debito inesigibile che e' la moneta inconvertibile di corso
legale". Dunque:
a)
esistono risorse che, ovviamente, non sono di chi se ne appropria, altrimenti
sarebbe impossibile appropriarsene;
b)
normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di appropriarsi di
"risorse" altrui e non solamente agli Stati firmatari del Trattato,
mentre cio' e' consentito alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea
che come si sa - emettono "debito inesigibile" cioe' moneta inconvertibile
di corso legale". Le "risorse" (altrui) di cui parla la
relazione alla legge, altro non e' che il valore indotto della moneta creato
dalla collettivita'. Le banche centrali hanno raggiunto un tale grado di
professionalita' nell'appropriarsi di risorse altrui, da aver consolidato in se
stesse, e nei governi, il convincimento di avere il diritto di farlo, mediante
una vera e propria forma di furto legalizzato, clamorosamente incostituzionale.
4)
Caratteristiche di una "nuova moneta".
Solo
dopo aver definito il valore monetario come valore indotto, e' possibile
indicare le caratteristiche essenziali di una nuova moneta. Essa dovra' avere
la qualita' positiva della moneta d'oro e non quella negativa: la qualita'
positiva della moneta nominale e non quella negativa. La qualita' positiva
dell'oro e' che il portatore ne e' il proprietario; la qualita' negativa e' che
la sua rarita' non e' controllabile perche' causata dalla rarita' stessa
dell'oro. La qualita' negativa della moneta nominale sta nel fatto che il
portatore ne e' il debitore, perche' la banca centrale la emette solo
prestandola; la qualita' positiva e' che non pone problemi di rarita'. Come e'
noto, la storia della moneta insegna che il maggior difetto del sistema aureo
sta nelle gravi congiunture economiche per rarita' monetaria, causate dalla
impossibilita di adeguare gli incrementi monetari agli incrementi produttivi.
Poich‚ ogni unita' di misura deve avere la qualita' corrispondente a cio' che
deve misurare, la rarita' e' una qualita' essenziale della moneta, perche' e'
la misura del valore dei beni economici che sono appunto, tali, perche'
limitati nella quantita', cioe' rari. Per sostituire al limite naturale della
rarita' aurea quello discrezionale della moneta nominale, sara' sufficiente
tenere conto delle normali oscillazioni dei valori di mercato. Posto infatti
che il prezzo non e' solamente l'indice del valore dei beni, ma anche del punto
di saturazione del mercato, per cui il mercato e' saturo quando i prezzi
tendono a coincide con i costi di produzione, quando questa tendenza si
verifica, si dovra' desistere sia dall'emissione di moneta, sia dalla
produzione di nuovi beni. L'Uomo potra' tornare ad assaporare il gusto della
vita e disporre finalmente del suo tempo che la logica della grande usura gli
ha sottratto. I vuoti monetari causati dalla monetizzazione del debito,
costringono l'uomo del nostro tempo a correre per tentare di colmarli
aumentando la velocita' di circolazione della moneta in un clima di angosciosa
ed ansiosa incertezza. Una volta l'uomo lavorava per conseguire un profitto.
Oggi lavora per pagare debiti in una situazione di cronica insolvenza.
Pretendere infatti, nell'attuale sistema, di pagare un debito di denaro con
altro denaro, e' come pretendere di pagare un debito con un altro debito.
Infatti, tutto il denaro in circolazione e' gravato di debito verso la banca
centrale che lo emette in un solo modo: prestandolo. In questo sistema chi
pi'u' produce pi'u' si indebita e potra' pagare i debiti solo con i beni reali
ed il prodotto del suo lavoro. Alle nuove generazioni, se non si sostituisce
alla moneta-debito la moneta-prorieta', non rimarra' altra alternativa che
quella tra il suicidio o la disperazione. Non a caso Mos‚ disponeva con l'anno
sabbatico (Deuteronomio 15,1) la remissione dei debiti per sostituire alla
moneta-debito, la moneta-proprieta'.
IL
VALORE INDOTTO DELLA MONETA
di
Giacinto Auriti
La
moneta e' una fattispecie giuridica. Due sono state infatti le definizioni date
della moneta: valore creditizio e valore convenzionale. Poiche' convenzione e
credito sono fattispecie giuridiche, non v'ha dubbio che la moneta costituisca
oggetto della scienza del diritto. Da tale premessa discende che non si puo'
dare la definizione di moneta se non si da' la definizione del diritto. Il diritto
e'; uno strumento, perche' e' il risultato di una attivita' creatrice dello
spirito. Poiche' lo strumento e' un oggetto che ha valore, non si puo' definire
il diritto (e quindi la moneta) se non si definisce il valore. Il valore e' un
rapporto tra fasi di tempo. Cosi' ad esempio una penna ha valore perche'
prevediamo di scrivere; quindi il valore e' un rapporto fra il momento della
previsione ed il momento previsto. La prima fase di tempo e' il momento
strumentale, che attiene all'oggetto, la seconda fase di tempo del valore e' il
momento edonistico, che attiene al soggetto. Questo significa che il giudizio
di valore e' normale o fisiologico, quando si basa sul presupposto della
concezione dualistica di filosofia della conoscenza, che distingue l'oggetto dal
soggetto. Su tali premesse si puo' comprendere come la stessa <> adel
diritto sia <. Cosi' ad esempio la convenzione monetaria consiste nel
rapporto tra il momento previsto del comportamento altrui e quello della
previsione che realizza e causa il comportamento proprio. Ognuno e' disposto
infatti ad accettare moneta contro merce se prevede di poter dare a sua volta
moneta contro merce. Lo strumento della convenzione consiste dunque in un
fascio di rapporti tra fasi di tempo intersoggettivo, capace di determinare per
induzione giuridica il valore indotto ed oggettivarlo come res nova nella
moneta, causando la nascita di un bene reale oggetto di diritto di proprieta'.
Da cio' discende che, essendo la strumentalita' prerogativa dell'oggetto, si
verifica, in questa fattispecie, la <>. La strumentalita' del diritto ha
vari modi di essere, a seconda delle differenti previsioni edonistiche, ossia
del diverso scopo cui lo strumento giuridico e' destinato. Ci si spiega cosi'
perche' i romani definivano il giudizio di valore corrispondente alla
titolarita' di un diritto con la parola <>: animus domini, animus
possidendi, animus detinendi, animus credenti, ecc. Definita infatti la realta'
spirituale del diritto come dimensione del tempo poiche' il tempo e' l'<>che
si pone come realta' (secondo la formula Kantiana), esso consiste nella
capacita' in atto di ricordare, di prevedere, di constatare: cio' che noi
definiamo <>, <> e <>. Ecco perche', per definire il diritto
si parla opportunamente di previsione normativa. Una volta evidenziata la
concezione normale e fisiologica del valore in quanto basata --come abbiamo
detto--su una concezione dualistica di filosofia della conoscenza, si comprende
come la patologia dei giudizi di valore si verifichi quando si muove dalla premessa
del monismo hegeliano. Per Hegel la realta' altro non e' che l'idea della
realta' (qui impropriamente si e' parlato di <>, mentre giustamente
Carmelo Ottaviano rileva che dovrebbe parlarsi di <>). Una volta ridotta
la realta' all'<> e confuso conseguentemente l'oggetto col soggetto, sul
piano della teoria del valore si fa coincidere il momento strumentale,
oggettivo, con quello edonistico, soggettivo. Si realizza cosi', per l'<>
del momento edonistico con quello strumentale, la personificazione dello strumento.
Nasce la cosiddetta soggettivita' strumentale o strumento personificato, che e'
un vero e proprio fantasma giuridico: quello che noi oggi chiamiamo persona
giuridica. Ebbene tutte le scuole di diritto societario che hanno trattato
della soggettivita' strumentale, hanno considerato tutto, tranne la cosa pi'u'
importante: la societa' 'strumentalizzante. Poiche' non e' concepibile uno
strumento senza chi lo adoperi, la soggettivita' strumentale presuppone
necessariamente la societa' strumentalizzante. Una volta ridotta --per
l'immanenza hegheliana-- la societa' a concetto senza contenuto umano, a vuoto
fantasma giuridico, cioe' a strumento, si deve presupporre la societa'
strumentalizzante. Essa ha necessariamente un'etica economicistica, perche' di uno
strumento ci si serve: e' ridicolo pretendere di servirlo. Lo scopo della
predisposizione di un fantasma giuridico sta nel fatto di attribuirgli il
momento edonistico dei valori giuridici, cioe' essenzialmente la proprieta', in
modo da consentire alla societa' strumentalizzante la mostruosa possibilita' di
rappresentare la collettivita' sociale nel momento edonistico del valore.
Sarebbe come dire--assumendo come parametro l'apologo di Menenio Agrippa--che,
mentre il popolo assume la funzione di avere fame, il governo assume quella di
mangiare in rappresentanza del popolo. Ecco perche' la soggettivita'
strumentale e' uno strumento intrinsecamente perverso. Con le soggettivita'
strumentali comandano i peggiori perche', per quanto sopra detto, si e' ineluttabilmente
condizionati da un'etica economicistica, che contrappone al principio del
conviene essere giusti, quello del e' giusto cio' che conviene. La leggenda del
Golem, il fantoccio di pezza, che vive dopo che il sacerdote gli pone sulla
fronte le lettere dell'alfabeto e che causa la rovina della citta, costituisce
la mirabile intuizione mitica di questa verita'. Oggi il mondo e' pieno di
fantasmi, e non a caso stiamo vivendo tempi di decadenza in un regime di
patologia giuridica. Una volta dimostrato che, con la soggettivita'
strumentale, si e' realizzata la trasposizione del momento edonistico dei
valori giuridici dalla persona umana alla persona giuridica e per essa, alle
societa' strumentalizzanti, poiche' la proprieta' e' godimento giuridicamente
protetto dei beni, si comprende come la persona giuridica sia servita ad
espropriare la collettivita' a favore delle societa' strumentalizzanti. In
questo senso, capitalismo di stato e capitalismo privato convergono sul comune
denominatore della utilizzazione della soggettivita' strumentale. Come nello
stato socialista la proprieta' e' del fantasma stato e non dei cittadini, cosi'
nella societa' anonima o nella multinazionale, la proprieta' e' della societa'
fantasma e non del socio. Mammona, che in aramaico significa denaro, altro non
e' che la societa' anonima ante litteram. Mancando infatti il concetto di
persona giuridica, l'unico concetto di persona, diversa dalla persona umana,
disponibile nella cultura del tempo, era la divinita' che fu appunto strumentalizzata
per espropriare la collettivita' dei valori monetari. La moneta ha valore
perche' e' la misura del valore. Poiche' ogni unita di misura ha la qualita'
corrispondente a cio' che deve misurare, come il metro ha la qualita' della
lunghezza perche' misura la lunghezza, cosi' la moneta ha la qualita' del
valore perche' misura il valore. Per questo motivo il simbolo monetario non e'
solamente la manifestazionene formale della convenzione monetaria, ma anche il
contenitore del valore indotto ed incorporato nel simbolo: quello che noi
chiamiamo potere d'acquisto. Nella moneta si verifica una fattispecie analoga a
quella dell'induzione fisica. Come nella dinamo si trasforma energia meccanica
in energia elettrica, cosi' nella moneta si trasforma il valore di una
convenzione, di un fumus juris, in un bene reale oggetto di diritto di
proprieta'. L'ostacolo di fronte al quale tutti i monetaristi si sono trovati
basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie
giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso: come
espressione cioe' di un valore proprio diverso da quello del bene oggetto del
diritto. Su questo equivoco iniziale si e' preteso di giustificare il valore
monetario sulla base della riserva d'oro, confondendo e spacciando sotto la
parvenza di valore creditizio il valore indotto, ossia configurando la moneta
come titolo di credito rappresentativo dell'oro. Questa tesi e' clamorosamente
errata perche' basata su una concezione materialistica del valore. Quando si
parla dell'oro si concepisce il cosiddetto valore intrinseco come una
proprieta' del metallo. Anche l'oro ha valore non perche' sia tale, ma perche'
ci si e messi d'accordo che lo abbia. In breve anche il valore intrinseco altro
non e' che valore indotto. Siccome questo metallo e' stato considerato
tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli e' stato
attribuito il valore indotto. Cio' significa che anche l'oro ha valore per il
'semplice fatto che ci si e' messi d'accordo che lo abbia. Poiche' la convenzione
e' una fattispecie giuridica ed ogni unita di misura e' convenzionalmente
stabilita, la materia prima per creare moneta e' esattamente la medesima che
serve per creare fattispecie giuridiche, e cioe' spazio e tempo; tempo che e'
la previsione normativa, ovvero il giudizio di valore corrispondente alla
titolarita' del diritto e spazio che e' la materia con cui si manifesta (la
cosiddetta forma del diritto). Questo elemento materiale puo' essere l'oro o
qualsiasi altro simbolo di costo nullo, come carta ed inchiostro. Questo
aspetto della irrilevanza del valore della merce con cui il simbolo monetario
si manifesta, e' acutamente rilevato da un monetarista attento: il Nussbaun, il
quale nell'analizzare la storia monetaria delle colonie americane, rileva che
quando delle merci venivano accettate come moneta, si verificavano
contestualmente due fenomeni: aumentavano di valore e la merce di cattiva
qualita' acquistava lo stesso valore di quella di buona qualita'. Ci si puo'
spiegare questo fenomeno con un esempio: se noi abbiamo in tasca due banconote
una nuova e l'altra logora, per noi hanno lo stesso valore. Cosi' avveniva
anche ad esempio per le pelli di castoro usate appunto come moneta. Da cio' si
evince che il valore della merce utilizzata come simbolo monetario e' del tutto
irrilevante. Tanto e vero che se io compro oggi una sterlina d'oro al prezzo di
duecentomila lire, scambio il simbolo aureo con due pezzi di carta, cioe' con
<> del valore di poche lire. Questo prova che anche l'oro altro non e, come
tutte le monete, che una fattispecie giuridica. E' gran tempo ormai che si esca
definitivamente dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore
creditizio il valore monetario. Per comprendere le differenze fondamentali tra
moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni:
1)
il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare dopo ogni
transazione, perche', come ogni unita di misura e' un bene ad utilita'
ripetuta;
2)
nel credito, come in ogni fattispecie giuridica, prima si vuole il precetto
normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione
formale, cioe' i simboli monetari e poi le si attribuisce il valore all'atto
dell'emissione. Chi crea il valore della moneta non e' infatti chi la emette,
ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica nasce l'energia elettrica con la
rotazione degli elettrodi, cosi' nell'induzione giuridica nasce il valore
monetario all'atto dell'emissione cioe' quando inizia la fase dinamica della
circolazione della moneta;
3)
il valore del credito e' causato dalla promessa del debitore, come avviene
nella cambiale in cui l'emittente e' il debitore. il valore della moneta e'
causato dall'accettazione del primo prenditore perche' egli sa, come membro
della collellettivita' nazionale, che gli sara' accettata da tutti i partecipi
della convenzione monetaria, cioe' dalla collettivita' che crea appunto per
questo il valore indotto della moneta;
4)
il valore del credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento. il valore
monetario e' attuale e certo perche' per l'induzione giuridica la moneta, pur
essendo un ben immateriale, e' un bene reale oggetto di diritto di proprieta'.
Poiche' il valore del titolo di credito e' causato dalla promessa del debitore,
sottoscrivendo il simbolo monetario sotto la parvenza di una falsa cambiale, il
Governatore della Banca Centrale induce la collettivita' nel falso
convincimento che sia lui stesso a creare il valore monetario. In tal modo la
Banca Centrale non solo espropria ed indebita la collettivita' nazionale del
suo denaro, ma pone le premesse--come vedremo per usurpare tramite la
sovranitqa' monetaria la stessa sovranita' politica.
Nella
relazione al disegno di legge sul conto intrattenuto dal Tesoro presso la Banca
d'Italia varata dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993, e' contenuta
una preziosa dichiarazione, rara per la sua brevita' e per il suo contenuto di
verita' scandalosa. <>--recita la relazione--<>. Dunque:
1)
Esistono delle risorse che non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe
impossibile appropriarsene.
2)
Normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di <> di risorse
altrui e non solamente agli <>, mentre invece cio' deve essere consentito
solamente alle Banche Centrali ed alla Banca Centrale Europea (che avrebbero
cosi' per legge la licenza di rubare>>).
3)
L'oggetto del furto dovrebbe consistere in un <> ossia nelle <>
delle banconote (<>) che come tali non dovrebbero avere alcun valore. Il
valore di un debito e' infatti causato dalla sua esigibilita'. Ed altro e dire
che e' inesigibile perche' il debitore non <> pagare, altro e' direu'come
nel nostro caso'u'che e' inesigibile perche' il debitore (cioe' la Banca
Centrale) ha per legge la garanzia di non pagare.
Se
fosse vera questa tesi, siccome il debito inesigibile e' uno strumento inutile,
le Banche Centrali non ruberebbero nulla. Ma se questa tesi fosse vera, per noi
dovrebbe essere indifferente avere denaro in tasca o non averlo. Quando poi si
conclude col definire il <> come <>, si esclude che possa essere
<>. La moneta infatti, come bene reale, puo' essere oggetto di debito (e
di credito), non <> essa stessa. Una volta dimostrato che la moneta ha
valore indotto causato dalla convenzione sociale, approfittando della
circostanza che l'emissione della cambiale e' prerogativa del debitore, le
Banche Centrali apparendo come debitori di false cambiali, si sono arrogate il
potere di esercitare <> per <> monetarie, ossia del valore indotto
creato dalle collettivita' nazionali con il risultato di espropriare ed
indebitare le collettivita' nazionali del loro denaro, senza contropartita. E'
questa la grande usura intuita da Ezra Pound. Poiche' i valori monetari sono
creati dalla collettivita', la moneta all'atto dell'emissione va emessa
<> e non <>. E poiche' trasformare un credito in un debito
consolida il reato di truffa, l'8 marzo 1993 a conclusione di un convengno
sulla grande usura, noi abbiamo denunciato per i reati di truffa ed
associazione a delinquere il Governatore pro tempore della Banca d'Italia dott.
Azelio Ciampi. Pur ammettendo la sussistenza del solo elemento materiale dei
reati contestati e la mancanza di dolo, (e cio' vale per il passato), per il
futuro si impone l'assoluta inderogabile necessita di colmare una intollerabile
lacuna legislativa e stabilire che la moneta all'atto dell'emissione va
dichiarata di proprieta' dei cittadini. Forse con la scoperta della grande
usura e' nata--dopo il cristianesimo --la pi— grande rivoluzione di tutti i
tempi. Il dottor Ettore Torri, Procuratore generale aggiunto della Procura
della Repubblica di Roma, ha convenuto che qui sussisterebbero gli estremi
dell'elemento materiale della truffa, mancherebbe l'elemento psicologico del
dolo. Forse ha inteso con cio' dire che Le Banche Centrali avrebbero raggiunto
un tale grado di professionalita' della truffa da aver consolidato il
convincimento di avere il diritto di farla.
TRIBUNALE
CIVILE DI ROMA
Atto
di citazione
Il
Prof. Giacinto Auriti, residente in Roma ed ivi eletto domicilio alla Via A.
Traversari n.55 presso e nello studio dell'Avv. Giuseppe Marzano dal quale e'
rappresentato e difeso, disgiuntamente e congiuntamente all'Avv. Berardino
Ciucci e al Dott. Proc. Antonio Pimpini, giusta procura in calce al presente
atto.
premesso
-che
l'istante agisce in proprio quale cittadino italiano, e quale legale
rappresentante dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale per la
proprieta' di Popolo" (ASSPP); -che, allo stato attuale, esiste una
consuetudine interpretativa per cui, all'atto dell'emissione, la banca centrale
mutua allo Stato italiano ed alla Collettivita' Nazionale, tutto il denaro che
pone in circolazione; -che a seguito di recenti ricerche scientifiche (cfr.
Auriti Giacinto- L'Ordinamento Internazionale del Sistema Monetario-
Edigrafital Teramo, 1993) e' stato dimostrato che la moneta ha valore perche'
e' misura del valore. -che, infatti, ogni unita di misura ha la qualita'
corrispondente a cio' che deve misurare: come il metro ha la qualita' della
lunghezza perche' misura la lunghezza, la moneta ha la qualita' del valore
perche' misura il valore. -che, pertanto, l'attivita' convenzionale e qui
produttiva non solamente della misura del valore, ma anche del valore della
misura: cio' che noi chiamiamo potere d'acquisto. Nella moneta si verifica un
fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia
meccanica causa l'energia elettrica, cosi' nella moneta la convenzione causa il
valore indotto nel simbolo. Pertanto, il simbolo non e' solamente la
manifestazione formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del
valore indotto. -che, quindi, la moneta e' un bene collettivo, in quanto creato
dalla convenzione sociale, ma di proprieta' privata individuale perche' da
intendersi attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo in virt'u'
dell'induzione giuridica; -che fino ad oggi l'erogazione della moneta e'
effettuata dalla banca centrale addebitando allo Stato ed alla Collettivita'
l'intero ammontare senza corrispettivo e quindi conferendo solo la proprieta' a
titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito; -che tale
consuetudine interpretativa e' da considerarsi contra legem, in quanto la
fattispecie giuridica monetaria va necessarimente considerata come espressione
di un valore creato dalla medesima collettivita' la quale viene, oggi,
contestualmente all'emissione stessa, espropriata ed indebitata di tutti i
valori monetari. -che, allo stato attuale, nessuna legge indica il proprietario
della moneta all'atto dell'emissione; -che la moneta-carta viene presentata
sotto la veste formale di falsa combiale (ad es.: œ. 100.000 pagabili a vista
al portatore, f.to il governatore della banca d'Italia); -che e' gran tempo
ormai che si esca dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore
creditizio il valore monetario. Infatti, per comprendere le differenze
fondamentali tra moneta e credito e sufficiente riportarsi alle seguenti
considerazioni:
A)
il credito si estingue col pagamento, mentre la moneta continua a circolare
dopo ogni transazione indefinitamente perche', come ogni unita' di misura, e'
un bene ad ultilita' ripetuta;
B)
il valore del credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento, mentre il
valore monetario e' attuale e certo poiche', per l'induzione giuridica, la
moneta e' bene reale, oggetto di diritto di proprieta';
C)
nel credito prima si determina il precetto normativo e poi lo si manifesta,
mentre nella moneta prima viene creata la manifestazione formale (simbolo
monetario) e successivamente, all'atto dell'emissione, per il tramite dell'accettazione,
le si conferisce il valore. In altri termini, crea il valore della moneta non
chi la emette, ma chi l'accetta;
D)
il valore creditizio e' causato dalla promessa del debitore, come avviene nella
cambiale, mentre il valore monetario e causato dall'accettazione convenzionale
della collettivita'; -che attualmente il portatore della moneta ha la proprieta
di valori illecitamente gravati di debito verso la banca centrale, di cui non
ha la consapevolezza perche' questo debito e senza scadenza e non e individuale
ma collettivo;
-che
su tali premesse il mercato viene dissanguato dalla grande usura del sistema
bancario perche' pretendere oggi di pagare un debito di denaro con altro denaro
e come pretendere di pagare un debito con un altro debito. Poiche' cio' e'
impossibile, a lungo andare, gli operatori economici si vedono costretti a
pagare il debito non dovuto con l'esproprio dei loro beni. Solo cosi' si puo'
speigare la c.d. conversione dei crediti bancari in capitale a rischio
(pacchetti azionari) che costituisce la fase conclusiva dell'illecito
arricchimento che trova la sua origine nel momento dell'emissione monetaria. A
siffatto, paradossale stato di cose, non potra porsi rimedio se non stabilendo
chi sia il proprietario della moneta all'atto dell'emissione cosi' colmando,
con autorevole interpretazione giurisprudenziale, un vuoto legislativo ormai
non piu tollerabile. -che, peraltro, la situazione de qua risulterebbe
oltremodo aggravata nell'ipotesi in cui l'istante dovesse accedere al credito bancario.
Infatti, la sua iniqua posizione di debitore originario della moneta viene
ulteriormente onerata dagli interessi richiesti dall'istituto di credito che,
siccome si configurano come accessori al bene principale (moneta) di proprieta
dei cittadini, non sono dovuti. La situazione fattuale teste' espressa espone
evidentemente il deducente all'inibizione, per fatto e colpa del sistema
bancario e dell'en-issione monetaria, della legittimazione giuridica, rectius
"capacita giuridica'.
Pertanto,
l'istante, come in atti rapp. dom. e difeso,
CITA
la
Banca d'Italia, in persona del Governatore legale corr. in Roma alla Via
Nazionale a comparire innanzi al Tribunale di Roma, G.I. e sezione designandi,
per l'udienza del ............... , ore e locali di rito. Con l'invito a
costituirsi nei termini e modi di legge e con l'espresso avvertimento che, in
mancanza, si procedera in sua legittima dichiaranda contumacia per ivi sentir
accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
Piaccia
all'Ill.mo Tribunale di Roma, contrariis reiectis, cosi' provvedere: dichiarare
la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo
originario, in proprieta di tutti i cittadini appartenenti alla collettivita
nazionale italiana, con conseguente declaratoria d'illegittimita dell'attuale
sistema dell'emissione monetaria che trasforma la banca centrale da ente
gestore ad ente proprietario dei valori monetari. Vinte le spese di lite.
-Avv
Giuseppe Marzano-
-Avv.
Berardino Ciucci-
-Dott.
Proc. Antonio Pimpini-
In
proprio e rappresentarmi e difendere nella presente procedura, ed in ogni sua
occorrenda fase e grado, gli Avv.ti Giuseppe Marzano del Foro di Roma,
Berardino Ciucci del Fore de L'Aquila ed il Dott. Proc. Antonio Pimpini del
Foro di Chieti. Eleggo domicilio nella Studio in Roma alla Via . Traversari n.
55
RELATA
DI NOTIFICAZIONE.
Ad
istanza come in atti, io sottoscritto Ufficiale Giudiziario, addetto
all'Ufficio Unico delle Notificazioni presso il Tribunale di Roma, ho
notificato copia del suesteso atto di citazione, conforme all'originale, alla
Banca d'Italia, in persona del Governatore legale rapp. pro tempore, corr. in
Roma alla Via Nazionale, e cio' ho fatto mediante Ho altresi notificato, a
titolo di notiziamento e su richiesta dell'istante, copia del suesteso atto al
Ministero del Tesoro, in persona del ministro pro tempore, e cio' ho fatto
mediante
NOTIFICATO
IL 24/06/1994
Comparsa
di costituzione e risposta
per
la BANCA D'ITALIA, Istituto di diritto pubblico con sede in Roma, via Nazionale
91 in persona del suo legale rappresentante pro tempora, rappresentata e difesa
dagli avv.ti Giuseppe Vittimberga e Sergio Luciani e dal dott.proc. Marco
Mancini dell'Avvocatura della Banca stessa, come da mandato in calce alla
presente comparsa, domiciliata presso gli stessi in Roma, via Nazionale, 91
convenuta
CONTRO
Auriti
Giacinto, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Marzano e Berardino
Ciucci e dal dott.proc. Antonio Pimpini, elettivamente domiciliato presso lo
studio dell'avv.to Giuseppe Marzano in Roma, via A.Traversari n.55, attore
*
* *
Con
atto di citazione, notificato il 24 giugno 1994, il prof. Giacinto Auriti
agendo sia in proprio quale cittadino italiano, sia quale legale rappresentante
dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale per la Proprieta' di
Popolo"(ASSPP) sostenendo che allo stato attuale nessuna legge
indicherebbe il proprietario della moneta all'atto dell'emissione e lamentando
che sino ad oggi, in base ad una consuetudine interpretativa contra legem,
l'erogazione della moneta sarebbe "effettuata dalla banca centrale
addebitando illegittimamente allo Stato ed alla collettivita' l'intero
ammontare corrispettivo" in modo da conferire "solo la proprieta' a
titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito", ha
convenuto la Banca d'Italia dinanzi al Tribunale di Roma per ivi sentir
"dichiarare la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a
titolo originario, in proprieta' di tutti i cittadini appartenenti alla
collettivita' nazionale italiana, con conseguente declaratoria d'illegittimita'
dell'attuale sistema dell'emissione monetaria che trasforma la banca centrale
da ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari"..
*
* *
La
domanda attorea nei confronti della Banca d'Italia deve essere respinta perche'
improponibile e/o inammissibile e comunque palesemente infondata nel merito. La
visione della moneta e delle funzioni monetarie che l'attore intende
accreditare e palesemente distorta e completamente infondata. Da un punto di
vista logico, e innanzitutto ben evidente che l'accettazione da parte della
collettivita', lungi dall'essere causa del valore della moneta, ne rappresenta
in realta' solo l'effetto, siche il sillogismo deve essere rovesciato: non e
vero che la moneta vale in quanto e accettata, ma semmai, come la storia e la
cronaca stanno a dimostrare, che essa e' accettata solo in quanto abbia un
valore. Di qui la necessita che tale valore, rispondendo ad un fondamentale
interesse pubblico, sia difeso e garantito dalle Pubbliche Autorita', funzione
nei moderni stati affidata alle banche centrali. Sotto il profilo giuridico,
poi, il batter moneta ha da sempre rappresentato e rappresenta tuttora una
delle piu' evidenti e indiscusse espressioni della sovranita' statale, sicche'
puo' correttamente affermarsi che il valore della moneta trae il proprio
fondamento solo ed unicamente da norme dell'ordinamento statale, che, per
solito, disciplinano minutamente la creazione e la circolazione della moneta,
ne sanciscono l'efficacia liberatoria, ne sanzionano la mancata accettazione in
pagamento e tutelano la fede pubblica contro la sua falsificazione ed
alterazione. Anche in Italia, questa fondamentale prerogativa sovrana dello
Stato e compiutamente disciplinata dal legislatore sia per quanto attiene
all'attribuzione della funzione di emissione, che in ordine alle relative
modalita' di esercizio. La funzione di emettere moneta, affidata nella sua
quasi totalita' alla Banca d'Italia, sulla base di un rapporto avente natura
concessoria, dall'art. 28 aprile 1910, n. 204, ha successivamente assunto il
carattere di un'attribuzione istituzionale della Banca centrale, a seguito del
R.D.L. 12 marzo i936, n. 371, e dell'art. 1 dello Statuto della stessa Banca,
approvato con R.D. 11 giugno 1936, n. 1067, e successive modificazioni, a norma
del quale essa e' un istituto di diritto pubblico che, quale unico istituto di
emissione, emette biglietti nei limiti e con le norme stabilite dalla legge. In
ordine alle modalita' di esercizio di tale funzione, l'art. 4 del T.U. n.
204/1910 e il D.P.R. 9 ottobre 1981, n. 811, prevedono che alla fabbricazione
del biglietto concorrano la Banca d'Italia e lo Stato, tramite il Ministero del
tesoro, in modo che ne l'una ne l'altro possano formare un biglietto completo.
Mentre per la fabbricazione l'Istituto di emissione e il Ministero del tesoro
hanno competenze congiunte e coordinate, le decisioni riguardanti la quantita'
dei biglietti da immettere nel mercato ed i tempi dell'immissione competono
alla sola Banca quanto strumentali all'esercizio delle funzioni di controllo
della liquidati del sistema e di salvaguardia del valore del metro monetario,
affidatele nell'ordinamento italiano (T.U. n. 204/1910 e Statuto della Banca
d'Italia, ma anche art. 47 della Costituzione) e ora trovanti fondamento, anche
a livello comunitario, nell'art. 105 del Trattato di Maastricht sull'Unione
Monetaria Europea. Sia in ordine alla fabbricazione che all'emissione
monetaria, l'attivita' della Banca d'Italia, pur caratterizzandosi per una
forte discrezionalita' tecnica, non e' esente da vincoli e da controlli
riguardanti la produzione dei biglietti, l'iter di emissione, l'annullamento e
la distruzione delle banconote logore o danneggiate. In particolare, i tagli
dei biglietti che possono essere emessi dalla Banca d'Italia sono stabiliti con
legge, mentre le caratteristiche e le quantita' dei biglietti da stampare
vengono stabilite con distinti decreti del Ministro del tesoro. L'intera
attivita' della Banca in questi campi e poi sottoposta alla vigilanza del
Ministro del tesoro e di un'apposita commissione permanente di cui fanno parte,
fra l'altro, anche sei parlamentari (artt. 108 ss. del T.U. n. 204/1910).
*
* *
Tanto
premesso, va rilevato innanzi tutto che nell'esercizio della funzione di
emissione, e attribuito alla pubblica amministrazione un potere discrezionale
assoluto, prerogativa della sovranita' statale, che trae fondamento dalla
necessaria preminenza dell'interesse pubblico alla fabbricazione ed alla
circolazione della moneta rispetto a tutti gli eventuali interessi privati che
con esso possano confliggere. A fronte di tale potere, non esistono posizioni
soggettive giuridicamente tutelate, bensi' meri diritti civici al godimento di
pubbliche funzioni. Ne discende il difetto assoluto di giurisdizione o,
quantomeno, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. A cio' si
aggiunga l'evidente carenza di interesse ad agire dell'attore, il quale ha
promosso un'azione di accertamento senza che esistesse alcuna situazione di
incertezza da rimuovere tant'e' che l'emissione della moneta e' compiutamente
disciplinata dal legislatore in modo da non lasciare spazi all'immaginazione o
alla fantasia ne' alcun pregiudizio, anche soltanto potenziale, per l'attore in
proprio o per l'associazione che lo stesso asserisce di rappresentare. La
domanda attorea e' poi, anche nel merito, destituita del benche' minimo
fondamento. Essa muove, infatti, dalla premessa, completamente errata, secondo
cui difetterebbe nel nostro ordinamento una norma di legge che indichi il
proprietario della moneta all'atto dell'emissione, sicche' l'appropriazione
della stessa da parte della Banca d'Italia si baserebbe su una consuetudine
interpretativa contra legem. Ebbene, alla stregua della puntuale disciplina
della funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall'officina
fabbricazione biglietti della Banca d'Italia costituiscono una semplice merce
di proprieta' della Banca centrale, che ne cura direttamente la stampa e ne
assume le relative spese (art. 4, comma 5, del T.U n. 204/1910). Essi
acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento, logicamente
e cronologicamente successivo, in cui la Banca d'Italia li immette nel mercato
trasferendone la relativa proprieta' ai percettori. Tale immissione, che
rappresenta uno dei principali strumenti a disposizione della Banca centrale
per l'esercizio delle cennate funzioni di regolazione della liquidita' del
sistema e di tutela del valore del metro monetario, avviene tramite operazioni
che l'Istituto di emissione, in piena autonomia conclude con il Tesoro, con il
sistema bancario, con l'estero e con i mercati monetario e finanziario,
operazioni tutte previste e compiutamente disciplinate dalla legge e dallo
statuto della Banca d'Italia (artt. 25 - 42 del T.U. n. 204/1910 e artt. 41 -
53 dello Statuto) Alla luce di quanto sinora precisato, e' del tutto abnorme e
campata in aria l'affermazione dell'attore secondo cui esisterebbe una
consuetudine interpretativa contra legem, in base alla quale la Banca centrale
all'atto dell'emissione "mutua allo Stato italiano ed alla Collettivita'
Nazionale, tutto il danaro che pone in circolazione". Come visto, la
moneta viene infatti immessa nel mercato in base ad operazioni legislativamente
previste e disciplinate, a seguito del compimento delle quali la Banca d'Italia
cede la proprieta' dei biglietti, i quali, in tale momento, come circolante,
vengono appostati al passivo nelle scritture contabili dell'Istituto di
emissione, acquistando in contropartita, o ricevendo in pegno, altri beni o
valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che vengono, invece, appostati
nell'attivo. Tali operazioni trovano evidenza, come prescrive la legge, nella
situazione della Banca d'Italia mensilmente pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale. Se si considera oltretutto che, come gia' osservato, le spese di
fabbricazione dei biglietti e l'imposta di bollo sono a carico della Banca
centrale e che gli utili annuali da essa conseguiti, effettuati i prelevamenti
e le distribuzioni di cui all'art. 54 dello Statuto, ai sensi dell'art. 23 del
T.U. n. 204/1910 vengono devoluti allo Stato, si evidenzia altresi l'assoluta
inconsistenza ed insensatezza delle tesi attoree, secondo cui l'erogazione
della moneta sarebbe effettuata dalla Banca d'Italia addebbitandone allo Stato
ed alla collettivita' l'intero ammontare senza corrispettivo. Ne consegue,
pertanto, che non e' dato riscontrare alcunche' di arbitrario o di illegittimo
nelle prerogative esercitate in campo monetario dalla Banca centrale, perche',
contrariamente a quanto preteso dall'attore, l'intera materia e compiutamente
disciplinata dal legislatore, in modo tale che nessun aspetto attinente
all'attribuzione o all'esercizio della funzione di emissione puo' dirsi
regolamentato da consuetudini interpretative e, men che mai, da consuetudini
contra legem.
*
* *
Alla
luce delle suesposte considerazioni, si confida nella reiezione, da parte
dell'intestato Tribunale, della domanda proposta dal prof. Auriti, della quale
e difficile persino comprendere l'oggetto (art. 163, 3ø comma, n. 3, e art.
164, 1ø comma, c.p.c.), con condanna dell'attore, non solo alla refusione delle
spese di lite, ma altresi' al risarcimento dei danni ex art.96 c.p.c., atteso
che, anche a considerare con la miglior benevolenza l'azione da questi
intentata, riesce difficile non ravvisarvi il carattere della
"temerarieta'".
*
* *
Tutto
cio' premesso, la Banca d'Italia, come sopra rappresentata e difesa, formula le
seguenti
CONCLUSIONI
"Piaccia
all'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza e deduzione reiette,
respingere la domanda attorea siccome improponibile e/o inammissibile e,
comunque, infondata nel merito. Condannare, in ogni caso, l'attore alla
refusione delle spese di lite nonche' al risarcimento dei danni causati e
causandi ai sensi dell'art.96 c.p.c., nell'importo che riterra' di liquidare in
via equitativa". Con ogni piu' ampia riserva e salvezza anche di richieste
istruttorie. Roma, 20 settembre 1994
SENATO
DELLA REPUBBLICA
XII
LEGISLATURA
N.
1282
DISEGNO
DI LEGGE d'iniziativa dei senatori NATALI, BAIOLETTI, MISSERVILLE, XIUME',
CORMEGNA, BECCARIA, RAGNO, BATTAGLIA, MULAS, BELLONI, SIGNORELLI, BEVILACQUA,
D'IPPOLITO VITALE, SPECCHIA, CASILLO e RECCIA COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L'11
CENNAIO 1995
H2>Proprieta'
popolare della moneta
TIPOGRAFIA
DEL SENATO (1700)
Atti
parlamentari
-
2
-
Senato della Repubblica - 1282
XII
LEGISLATURA - DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI
ONOREVOLI
SENATORI.
--
Scopo della presente proposta e' colmare un vuoto legislativo non piu'
tollerabile che, su questa base, verrebbe, oltre e piu' che non semplicemente
definito e' chiarito, espresso e sancito nella sua autentica essenza, al
seguito di studi, riflessioni ed esperienze di carattere giuridico-scientifico
compiuti da un autentico maestro quale e' il professor Giacinto Auriti, che ne
ha approfondito la realta' nel corso di tanti anni di insegnamento
universitario. Nessuna legge stabilisce infatti di chi debba essere la
proprieta' della moneta all'atto dell'emissione. Come e' noto i simboli
monetari sono formalmente strutturati come false cambiali (ad esempio
"lire mille pagabili a vista al portatore" f.to il Governatore della
Banca d'Italia) o, come dicono le autorita' monetarie, come ."debito
inesigibile", fattispecie talmente assurda da considerarsi addirittura
impossibile. La verita' e' che la moneta ha valore perche' e' la misura del
valore. Poiche' ogni unita' di misura ha la qualita' corrispondente a cio' che
deve misurare, come il metro ha la qualita' della lunghezza perche' misura la
lunghezza, la moneta ha la qualita' del valore perche' misura il valore.
Pertanto il simbolo monetario non e' solamente la manifestazione formale della
convenzione monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto ed
incorporato nel simbolo che e', appunto, il potere d'acquisto. Con la scoperta
del valore indotto come valore giuridico (cfr. AURITI, L'ordinamento
internazionale del sistema monetario, Teramo, 1993, ed. Edigrafitel, p. 41 e
ss.) si e' finalmente data la giustificazione scientifica del valore monetario.
Come e' stato dimostrato, si verifica qui una fattispecie analoga a quella
dell'induzione fisica. Come nella dinamo si trasforma energia meccanica in
energia elettrica, cosi nella moneta si trasforma il valore della convenzione,
cioe' di uno strumento giuridico, in un bene reale oggetto di diritto di
proprieta'. In breve il valore della moneta e' causato dalla previsione del
comportamento altrui come condizione del proprio. Ognuno e' disposto infatti ad
accettare moneta contro merce perche' prevede di dare moneta contro merce. E'
caratteristica della mente umana anticipare al momento attuale i valori
previsti. Cio' spiega perche' dalla previsione di "poter acquistare"
nasca, nelle mani del primo prenditore del simbolo monetario, il valore nuovo
ed attuale, che e' il "potere d'acquisto". Il valore della moneta
quindi e' causato, non dall'attivita' dell'organo di emissione, che,
predisponendo ed erogando i simboli, determina solo il presupposto formale del
valore monetario, ma dall'accettazione da parte della collettivita'.
L'emissione dei simboli in conformita' del corso legale (cosiddetto corso
forzoso) a un atto di "eteronomia", l'accettazione della moneta, che
ne determina convenzionalmente il valore, e' atto di "autonomia".
Dalla confusione tra la prima fase e la seconda e' derivata una grave ingiustizia
nel regime giuridico dei valori monetari. Il momento meramente strumentale
dell'emissione dei simboli ha invaso quello edonistico della proprieta' della
moneta, sicche' la Banca centrale, emettendo moneta prestandola, espropria ed
indebita la collettivita' del suo denaro senza contropartita. Il rapporto che
Atti
partalmentari
-
3
-
Senato della Repubblica - 1282
XII
LEGISLATURA - DISEGNI Dl LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI
si
e' venuto ad instaurare tra Banca centrale e collettivita' e' diventato cosi'
analogo a quello di chi presta nasse vuote ai pescatori indebitandoli non solo
delle nasse, ma anche del pesce che sara' pescato. L'ostacolo di fronte al
quale tutti i monetaristi si sono trovati si basa sull'errore iniziale di non
aver definito la moneta come fattispecie giuridica e lo stesso diritto come
strumento, come espressione, cioe', di un valore proprio, diverso da quello del
bene oggetto del diritto. Su questo equivoco iniziale si e' preteso di
giustificare il valore monetario sulla base della riserva, confondendo e
spacciando sotto la parvenza di valore creditizio il valore indotto; ossia
configurando la moneta stessa, non come misura del valore (e quindi valore
della misura, quale e'), ma come titolo di credito rappresentativo della
riserva. E' gran tempo ormai che si esca definitivamente dall'equivoco di
spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Per
comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle
seguenti considerazioni:
1)
il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare dopo ogni
transazione, perche', come ogni unita' di misura, e' un bene ad utilita'
ripetuta;
2)
nel credito, come in ogni fattispecie giuridica, prima si vuole il precetto
normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione
formale, cioe' i simboli monetari e poi le si attribuisce il valore all'atto
dell'emissione. Chi crea il valore della moneta non e' infatti chi la emette,
ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica nasce l'energia elettrica, con la
rotazione degli elettrodi, cosi nell'induzione giuridica nasce il valore
monetario all'atto dell'emissione, cioe' quando inizia la fase dinamica della
circolazione della moneta;
3)
il valore del credito e' causato dalla promessa del debitore, come avviene
nella cambiale in cui l'emittente e' il debitore. Il valore della moneta e'
causato dall'accettazione del primo prenditore perche' egli sa, come membro
della collettivita' nazionale, che gli sara' accettata da tutti i partecipi
della convenzione monetaria, cioe' dalla collettivita' che crea appunto per
questo il valore indotto della moneta;
4)
il valore del credito e' sottoposto al rischio dell'inadempimento. Il valore
monetario e' attuale e certo perche', perl'induzione giuridica, la moneta, pur
essendo un bene immateriale, e' un bene reale oggetto di diritto di proprieta'.
Poiche'
il valore del titolo di credito e' causato dalla promessa del debitore,
sottoscrivendo il titolo monetario sotto la parvenza di una falsa cambiale, il
Governatore della Banca centrale induce la collettivita' nel falso
convincimento che sia lui stesso a creare il valore monetario. In tal modo la
Banca centrale, non solo espropria ed indebita la collettivita' nazionale del
suo denaro, ma pone le premesse - come vedremo - per usurpare, tramite la
sovranita' monetaria, la stessa sovranita' politica. Nella relazione al disegno
di legge sul conto intrattenuto dal Tesoro presso la Banca d'Italia varata dal
Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993 (atto Senato n. 1089 dell'XI
legislatura), e' contenuta una preziosa dichiarazione, rara per la sua brevita'
e per il suo contenuto di verita' scandalosa. "La ratio di queste
disposizioni" - recita la relazione - "e' evidente: garantire la
piena indipendenza delle Banche centrali e della Banca centrale europea nella
gestione
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Senato della Repubblica - 1282
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della
politica monetaria... In conseguenza non si consente agli esecutivi degli Stati
firmatari del trattato di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di
appropriarsi di risorse attraverso l'emissione di quella forma di debito
inesigibile che e' la moneta inconvertibile a corso legale". Dunque:
1)
esistono delle risorse che non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe
impossibile approprialsene;
2)
normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di
"appropriarsi" di risorse altrui e non solamente agli "esecutivi
degli Stati firmatari del trattato", mentre invece cio' deve essere
consentito solamente alle Banche centrali ed alla Banca centrale europea (che
avrebbero cosi per legge la "licenza di rubare");
3)
l'oggetto del furto dovrebbe consistere in un "debito inesigibile",
ossia nelle "false cambiali" delle banconote ("lire mille
pagabili a vista al portatore". f.to il Governatore della Banca d'Italia)
che, come tali, non dovrebbero avere alcun valore.
Il
valore di un debito e' infatti causato dalla sua esigibilita'. Ed altro e' dire
che e' inesigibile perche' il debitore non ."puo" pagare, altro e'
dire - come nel nostro caso - che e' inesigibile perche' il debitore (cioe' la
Banca centrale) ha per legge la garanzia di non pagare. Se fosse vera questa
tesi, siccome il debito inesigibile e' uno strumento inutile, le Banche
centrali non ruberebbero nulla. Ma se questa tesi fosse vera, per noi dovrebbe
essere indifferente avere denaro in tasca o non averlo. Quando poi si conclude
col definire il "debito inesigibile" come "moneta
inconvertibile" di "corso legale", si esclude che possa essere
"debito". La moneta infatti, come bene reale, puo' essere oggetto di
debito (e di credito), non "debito" essa stessa. Una volta dimostrato
che la moneta ha valore indotto causato dalla convenzione sociale, approfittando
della circostanza che l'emissione della cambiale e' prerogativa del debitore,
le Banche centrali apparendo come debitori di false cambiali, si sono arrogate
il potere di "esercitare signoraggio" per "appropriarsi di
risorse" monetarie, ossia del valore indotto creato dalle collettivita'
nazionali con il risultato di espropriare ed indebitare le collettivita'
nazionali del loro denaro, senza contropartita. E' questa la "grande
usura" intuita da Ezra Pound. Per dare ordine a questo sistema monetario,
assurdamente ingiusto ed antisociale, si impone la necessita' di colmare,
mediante interpretazione autentica, la grave lacuna legislativa denunciata,
definendo proprietaria della moneta la collettivita' dei cittadini. Va con
l'occasione messo in rilievo che la legge proposta non tocca minimamente
l'autonomia della Banca centrale, perche' e' fin troppo evidente che
l'autonomia attiene alle competenze funzionali ed al patrimonio costituito
dagli edifici e dalle strutture aziendali dell'istituto; ma la proprieta' della
moneta e' del tutto estranea: per quanto sopra dimostrato essa e' dei cittadini
e non della Banca. Va infine evidenziato che questa legge e' perfettamente
compatibile col sistema monetario internazionale, perche' considera solo
aspetti di diritto privato (cioe' la proprieta' della moneta e la posizione di
creditore e di debitore), come tali di stretto diritto interno e del tutto
irrilevanti per il diritto internazionale. Il progetto e' altresi'
perfettamente compatibile col trattato di Maastricht perche' rispetta l'autonomia
anche della Banca centrale europea, proponendo il completamento ed il
coordinamento sul
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LEGISLATURA - DISEGNI Dl LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI
principio
che ogni popolo sia dichiarato proprietario della sua moneta e riconosciuto
collettivamente e reciprocamente come tale. Non puo' infine essere taciuto il
particolare proprio del disegno di legge che, in applicazione del fondamentale
principio democratico della sovranita' popolare, riconosce al popolo anche la
sovranita' monetaria.
DISEGNO
Dl LEGGE
Art.
1. 1. La moneta all'atto dell'emissione nasce di proprieta' dei cittadini
italiani e va accreditata dalla Banca centrale allo Stato. Art. 2. 1. Ad ogni
cittadino e' attribuito un codice dei redditi sociali mediante il quale gli
viene accreditata la quota di reddito causato dalla emissione monetaria e da
altre eventuali fonti di reddito